Storie

Un Generale, un libro, una vita

Ricordo del Generale e Senatore Luigi Ramponi. Uomo di visione, fedeltà istituzionale, disciplina ed onore, che ha segnato profondamente l’Esercito, la Guardia di Finanza e l’intelligence repubblicana

di Alessandro Butticé -


Ho appena finito di leggere Val la pena di vivere, autobiografia del Generale Luigi Ramponi, pubblicata nel 2016, solo un anno prima della sua scomparsa. Un titolo diretto, come lui, che riflette una vita straordinaria, vissuta da protagonista della storia italiana del secondo Novecento.

Un libro che non rischia di fraintendere la nobile Militarità con lo sciocco militarismo. Ramponi non fu solo un Generale non “al contrario”. Fu un grande Uomo, un servitore dello Stato democratico e liberale: dai Bersaglieri al comando della Guardia di Finanza, dai vertici dell’Intelligence e della sicurezza nazionale esterna (SISMI) a Montecitorio. Un italiano fiero e leale, con una visione chiara e moderna del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. Diverso da troppi autoproclamati “eroi”, in toga o in uniforme, che spesso confermano i peggiori stereotipi del nostro Paese.

L’esperienza personale

Ho avuto il privilegio di servire sotto il suo comando, e conservo ancora oggi il ricordo vivido di quando, al Comando Generale della Guardia di Finanza, dopo che avevo ottenuto il massimo dei voti – 110 e lode, con pubblicazione della tesi e prefazione di Maurizio Costanzo – al Master di Giornalismo e comunicazioni di massa della LUISS, mi fece convocare nel suo ufficio. Allora ero un giovane capitano dell’ufficio stampa. Entrato nel suo ufficio con comprensibile soggezione, mi accolse diretto e ironico, come sempre. Dopo avermi indicato una pila di trattazioni sul suo tavolo, mi disse: «Visto che sei così bravo… portale in Segreteria». Poi, appena rientrato, invitandomi a sedermi con lui nel salottino, e dopo avermi chiesto cosa volessi bere, mi chiese: «cosa hai imparato, con tutto questo studio?». Ne nacque un breve ma intenso scambio. Gli parlai della necessità di potenziare la formazione nella comunicazione istituzionale e nei rapporti con i media del personale del Corpo, reduce, molto ammaccato nell’immagine, dallo “Scandalo dei Petroli”. Lui replicò che voleva avviare dei corsi di comunicazione al Corso Superiore di Polizia Tributaria. Ribattei: «Comandante, è un’ottima idea, ma questi corsi, secondo me, dovrebbero cominciare sin dall’Accademia». Mi guardò in silenzio, ascoltando le mie ragioni. Uno sguardo lungo, severo. Mi sentii gelare, sapendo che non amava non avere l’ultima parola. Poi, con piglio deciso, mi disse: «OK, mi hai convinto, vai dal capo del personale e digli di inserire subito un corso di comunicazione anche in Accademia».

Carpe diem

Aveva capito, con rapida lucidità, che la comunicazione istituzionale (materia allora pressoché sconosciuta e sottovalutata nella Guardia di Finanza) sarebbe diventata centrale nel XXI secolo. Un’intuizione che oggi definiremmo strategica. E che solo un comandante con la sua grande visione poteva cogliere già allora.

Nel suo libro, Ramponi racconta tutto: infanzia tra l’Emilia e l’Africa Orientale, l’Accademia, l’esperienza negli USA, al comando della Guardia di Finanza, alla direzione del SISMI, e poi al Parlamento. Con scrittura sobria e mai retorica. Racconta anche dei suoi incontri con il generale americano Bernard Rogers: due minuti di attesa e cinque minuti di scambi intensi quanto un trattato. Poi contrappone quel modello di efficienza al sistema italiano, dove si passano ore in anticamera, per ottenere risposte spesso avasive e sfuggenti. Come quando chiese al Presidente del Consiglio pro tempore, Giuliano Amato, perché lo avesse rimosso dalla direzione del SISMI.

Quello era Ramponi: diretto, essenziale, a volte ruvido, ma estraneo alla vanità del potere. Comandava, non esibiva. Decisore, non politicante. Ascoltava, valutava e agiva con prontezza.

Generale decisivo per la mia vita

Gli devo molto per l’opportunità offertami di andare a Bruxelles, primo finanziere e primo militare, nel 1990, presso le Istituzioni europee. Era un incarico innovativo. Anche se oggi, e da tempo, divenuto normale, allora segnava un vero salto coraggioso. Fu l’inizio di una Guardia di Finanza europea e proiettata nel mondo, che lui, assieme ad un altro grande Finanziere e grande Direttore del SISMI, il Generale Nicolò Pollari, approfittando del mio superamento personale di dure selezioni, aveva immaginato. Come avevano poi immaginato, e iniziato a creare, l’intelligence economica.

Ramponi e il suo predecessore Gaetano Pellegrino, pur diversi nello stile, hanno forgiato lo spirito della Guardia del nuovo millennio. Due Comandanti, due Patrioti, fedeli ai valori fondanti del Corpo. Con ho confermato l’insegnamento di mio padre, ufficiale dell’Esercito repubblicano come loro, di cosa davvero significhi onorare – nei fatti, e con l’esempio, non solo con vuote parole – la bandiera tricolore, e quella dell’Unione europea.

Oggi, leggendo le sue pagine sincere, ritrovo il suo sguardo, il tono schietto, la fermezza, l’intelligenza, e il suo grande cuore. E sento il dovere di dire: grazie. Grazie a un uomo che ha dato tutto per l’Italia, con disciplina e onore. Nell’indelebile ricordo di chi ha camminato nel suo solco.


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