Il Volto Frantumato della Giustizia
La giustizia nell’iconografia è rappresentata da una donna bendata, che con una mano impugna la
bilancia, simbolo d’equilibrio ed equità, la quale tuttavia può essere rotta, laddove la benda
dell’imparzialità, per un giudizio libero da pregiudizi, può volare via con le intemperie, mentre
nell’altra mano continua a brandire la spada, che evoca la violenza del potere quando privata della
bilancia e della benda. Certamente più severa, anche se non sempre con l’aggressore, ma con la
vittima, rafforzando così l’idea di una giustizia arbitraria. Quindi la sentenza del tribunale di Torino
ha fatto chiarezza: le percosse all’ex moglie possono essere comprese, dipende dal contesto, tanto
che le attenuanti, considerate creative dai più profani, sono già oggetto di studio. Infatti, le parole
utilizzate per le motivazioni appaiono un richiamo alla cultura patriarcale: “lei ha sfaldato il
matrimonio” e “lui ha avuto uno sfogo umano”. Una logica imperscrutabile, da cui sostanzialmente
emerge che il vero reato è la rottura coniugale, mentre la violenza esercitata assume la veste di
comparsa occasionale nella sequenza emotiva degli eventi; d’altronde l’aggressore è un uomo
ferito. Ma, ahimè, la conseguenza della decisione del collegio del giudice Paolo Gallo, radica più
profondamente nella popolazione la diffusa idea di una giustizia malata, ove in Italia il formalismo
giuridico è incomprensibile per i non addetti ai lavori; infatti, è diffuso il convincimento sociale e
politico che si processa la vittima e si giustifica l’aggressore.
La decisione
La decisione, inconsapevolmente, pone un argine alle conquiste civili e culturali dell’occidente per la parità dei generi, erodendo il diritto delle donne a non essere picchiate, sacrificate compassionevolmente sull’altare della “relazione umana” e della “comprensione”. Per la giurisprudenza, ipso facto, la violenza è parte integrante dei rapporti tra uomo e donna, il dolore fisico e psicologico è ammantato dalla mascolinità del tabarro che non è riuscito a contenere l’emozione passeggera, e, se lo afferma un
collegio giudicante composto da due donne e un uomo, il messaggio è devastante. Se il tribunale
diventa un confessionale, la legge non garantisce ma tradisce. Ecco perché, saggiamente, la Procura
di Torino ha impugnato la controversa sentenza.
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