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Caso Ramy, per il giudice l’inseguimento dei carabinieri fu legale e doveroso

di Anna Tortora -


L’inseguimento dei carabinieri che precedette il tragico incidente in cui perse la vita Ramy Elgaml è stato “legale e doveroso”. Lo ha stabilito il Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP) di Milano, Felice Fabrizio, nelle motivazioni della sentenza con cui è stato condannato Fares Bouzidi, il giovane alla guida della moto su cui viaggiava Ramy.

Secondo il giudice, “È stata la fuga dei due ragazzi ad attivare l’obbligo dei carabinieri di intervenire, indipendentemente dalla motivazione che ha spinto il soggetto agente a realizzarla”. La dinamica , una fuga durata circa otto chilometri, ha reso necessario l’intervento dei militari per ragioni di sicurezza pubblica, anche in assenza di reati gravi come il furto o la resistenza.

“È perfettamente concepibile che gli agenti, di fronte a una condotta così estrema, abbiano ipotizzato una ragione della fuga più grave di quella che è poi risultata essere la ragione effettiva, e abbiano in questo senso interpretato alcuni indizi sospetti riscontrati”, si legge nella sentenza.

Caso Ramy, ci fu tensione e adrenalina, ma nessuna ostilità

Nel motivare la condanna a 2 anni e 8 mesi per Bouzidi, il giudice ha anche affrontato il tema delle frasi forti pronunciate dai carabinieri durante l’inseguimento. Parole che hanno sollevato critiche, ma che per il GUP sono da attribuire a un contesto di forte tensione:
“Esclamazioni dovute all’adrenalina e alla tensione di un momento di estremo pericolo”.
Il giudice ha sottolineato che queste espressioni non si sono tradotte in atti ostili. Al contrario, i militari hanno immediatamente prestato soccorso a Bouzidi e Ramy dopo l’incidente.

Risarcimento ai carabinieri per stress psicologico

A riprova della complessità emotiva dell’intervento, il GUP ha riconosciuto un risarcimento di 2.000 euro ciascuno ai sei carabinieri coinvolti, che si sono costituiti parte civile. La motivazione fa riferimento allo stress psicoemotivo subito dai militari, aggravato anche dalla campagna mediatica ostile che ha seguito l’episodio.

La dichiarazione di Luigi Bobbio

A commentare la decisione è intervenuto anche il magistrato ed ex senatore Luigi Bobbio, con una lunga dichiarazione che riassume la posizione assunta dal GUP:
“”La decisione del Giudice per le Udienze Preliminari (GUP) di Milano, Felice Fabrizio, nel caso Ramy ha stabilito che l’inseguimento da parte dei Carabinieri non solo era legittimo, ma anche un dovere istituzionale. Il GUP ha condannato Fares Bouzidi, il giovane alla guida della moto, a 2 anni e 8 mesi. Nelle motivazioni, il giudice ha sottolineato come la fuga di Bouzidi, protrattasi per otto chilometri, abbia reso l’intervento dei militari necessario per la sicurezza pubblica, a prescindere dalla motivazione iniziale (furto o guida senza patente). Il giudice ha anche giustificato le espressioni ‘forti’ usate dai Carabinieri durante l’inseguimento, inquadrandole come esclamazioni dovute all’adrenalina e alla tensione di un momento di estremo pericolo. Ha evidenziato che queste parole non si sono tradotte in atti di ostilità: al contrario, i militari hanno prontamente chiamato i soccorsi e prestato aiuto a Bouzidi e Ramy dopo l’incidente. A riprova del trauma subito, il GUP ha riconosciuto ai sei Carabinieri coinvolti, che si sono costituiti parte civile, un risarcimento di 2.000 euro ciascuno per lo stress psicoemotivo subito, anche a causa della campagna d’odio e mediatica successiva all’evento.”

La sentenza conferma la legalità e apre alla riflessione

La sentenza del GUP di Milano rappresenta un passaggio cruciale nella ricostruzione giudiziaria del caso Ramy Elgaml. Pur non rimuovendo la tragedia umana che ha segnato la vicenda, il giudice ha ribadito la legittimità dell’operato dei Carabinieri, riconoscendo la complessità di una situazione in cui si sono intrecciati doveri istituzionali, pericoli concreti e reazioni emotive intense. La condanna di Fares Bouzidi e il risarcimento ai militari chiudono, almeno sul piano giudiziario, un caso che ha acceso un acceso dibattito pubblico su responsabilità, legalità e diritto alla sicurezza.


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