Attualità

Sgarbi ferito e fragile respinge l’ombra del tutore

di Ivano Tolettini -


C’è un Vittorio Sgarbi che non urla «capra» e non agita le mani come sul piccolo schermo. Un Vittorio diverso, piegato dalla depressione, affacciato a un ritorno lento e incerto alla vita, che oggi si trova davanti a un passaggio doloroso: la richiesta della figlia Evelina al Tribunale civile di Roma di nominarlo amministratore di sostegno. Un’udienza già fissata per il 28 ottobre. E parole, accuse, ferite che hanno il colore della famiglia quando si divide: “Sono offeso, addolorato. Evelina mi vuole assegnare un tutore, come se fossi incapace. Ma io sto meglio, mi sto riprendendo, e lo devo a Sabrina. Con lei mi sposo presto”. Dietro l’ironia che conosciamo, “forse Evelina vuole un’altra borsa di Dior”, si intravede l’uomo che sei mesi fa era ricoverato al Gemelli, stretto nella morsa di una sindrome depressiva: “Mi sembrava di essere su un treno fermo in una stazione sconosciuta”, aveva confessato. Oggi dice che il treno è ripartito, ma la voce resta fragile, e la ferita che lo divide dalla figlia brucia più di ogni polemica politica. Evelina, la primogenita, nata da una relazione fugace, afferma che il padre “non sarebbe più in grado di seguire i propri interessi”. Lo dice attraverso un avvocato, con le carte depositate a Roma. Sgarbi ribatte secco: “Non è vero, non lo accetto. Lei è esosa, io la mantengo e vuole sempre di più”. Ricorda la vecchia lite di tre anni fa, la borsa da 2.800 euro, il rifiuto del Grande Fratello Vip: “Con quel cachet avrebbe potuto comprarsela da sola”. Sono ricordi che diventano armi, brandelli di vita privata esposti davanti a tutti. Ma il Vittorio di oggi non è solo l’uomo che reagisce, che si difende.

Vittorio Sgarbi e Sabrina

È anche il paziente che ha ritrovato l’appetito, la compagnia, il desiderio di vivere. “La mia medicina è stata Sabrina – confida – con la sua dolcezza mi ha fatto uscire dal tunnel”. Con lei si trova a Viareggio, da un’amica. E annuncia, con un filo di voce: “Ci sposiamo, subito, appena possibile”. La fragilità resta però esposta a ogni passo. Ad Arpino, dove è sindaco, l’opposizione chiede la sua decadenza per “impedimento permanente”. Lui replica che tornerà presto in municipio, che non vuole lasciare il campo: «Entro fine mese sarò lì». In politica sogna un altro incarico: se nelle Marche vincerà il centrodestra, si vede assessore alla Cultura. E per la televisione immagina un nuovo programma con Alan Friedman. Sogni di un uomo che ha conosciuto l’ombra, e che oggi cerca di convincere prima di tutto se stesso di potersi rialzare. In mezzo, resta il dolore privato: una figlia che chiede un tutore, un padre che si sente tradito.È la misura esatta del suo modo di intendere i rapporti personali – dice Vittorio – e io non posso che respingerla”. Poi si lascia sfuggire un ricordo di fede: il post scritto il lunedì dell’Angelo, il giorno della morte di papa Francesco. “Andarsene il giorno dopo la Resurrezione vuol dire restare”, aveva scritto allora. Migliaia di messaggi lo avevano accolto come un segnale di ritorno alla vita. Non è guarito del tutto, lo sa. “Mi manca l’Allegoria sacra di Giovanni Bellini agli Uffizi”, confessa. Forse è un modo per dire che gli manca un pezzo di sé. Un uomo che per decenni ha riempito piazze e schermi, oggi sembra ritrovarsi nudo davanti alle sue fragilità. Eppure insiste: il treno si è rimesso in moto.


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