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Attualità

Matteo Renzi: la trilogia del potere

Capitolo I – La riforma. Capitolo II – La rottamazione. Capitolo III – La restaurazione. Prossimamente… la redenzione?

di Andrea Fiore -


Matteo Renzi è tornato. O forse non se n’è mai davvero andato. Alla Leopolda, la sua storica “casa delle idee”, è riapparso con l’aria di chi non ha mai smesso di credere di poter cambiare il gioco , anche se il tabellone ormai sembra appartenere ad altri.
Una nuova discesa in campo, ma con la stessa energia di sempre: un misto di arroganza, lucidità e ironia, la sua firma più riconoscibile.

Renzi resta un’anomalia nel panorama politico: troppo spavaldo per piacere alla sinistra tradizionale, troppo spregiudicato per rassicurare la destra, troppo intelligente per farsi dimenticare. È il guastatore gentile, quello che rompe gli schemi con il sorriso e riesce a far discutere tutti, anche chi giura di non sopportarlo.

Dalla Leopolda con furore

Alla Leopolda ha rispolverato le sue vecchie armi: proposte concrete e slogan perfetti per i titoli dei giornali. La “Start Tax” per i giovani, la separazione delle carriere tra magistrati e politici, il tetto alla pressione fiscale al 40% (che lui, con mossa da prestigiatore, chiama “legge Meloni-Renzi”), e un piano per sostenere il Terzo settore.
Idee, forse visionarie, forse velleitarie, ma comunque idee. E in un tempo di slogan vuoti, è già una piccola rivoluzione.

Il resto del centrosinistra, intanto, appare spaesato: più impegnato a inseguire il consenso sui social che a capire cosa succede nel Paese reale. Non parla più ai cittadini, ma agli algoritmi. Renzi invece, piaccia o no, parla a qualcuno. E questo, nella politica del 2025, è già un successo.

Ritorno al futuro

Da sinistra lo accusano di narcisismo, da destra di opportunismo. Ma almeno un difetto lo rivendica con coerenza: l’ambizione. E forse è proprio quella che oggi manca. L’ambizione di costruire, non solo di resistere.

In fondo, se proprio dobbiamo avere un leader, che sia almeno uno capace di accendere una discussione. Renzi divide, ma lo fa con un’intelligenza che costringe a pensare, e in un Paese stanco di slogan fotocopia, non è poco.

Certo, non è detto che vinca. Ma potrebbe restituire al centrodestra un interlocutore vero e alla sinistra un motivo per riscoprire se stessa. E magari alla politica tutta un po’ di quella passione che abbiamo smarrito per strada, quando abbiamo confuso il cambiamento con il cambio di canale.

Forse, dopo la lunga parentesi dei movimenti “anti”, dei leader occasionali e dei governi per sottrazione, è arrivato il momento di rimettere ordine. Senza nostalgie, ma con un po’ di coraggio.

E se a farlo deve essere Renzi, il guastatore gentile, il politico più amato e detestato d’Italia, allora ben venga. Almeno, per una volta, torneremo a parlare di politica.

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