Il viaggio diventa terapia medica
Stoccolma. Niente pillole, niente ricette mediche classiche: da oggi i medici svedesi possono prescrivere un viaggio in Svezia come misura di salute. Una idea che sembra uscita da un sogno, ma che viene commercializzata con dati scientifici e un pizzico di ironia e spensieratezza: è la “Swedish Prescription”. La prima campagna al mondo che invita i medici a vedere la natura, la cultura e il paesaggio svedese come ingredienti salutari e terapeutici.
La Svezia punta sulla flora e la fauna:
Foreste, laghi, saune, bagni in acqua gelida, “fika” – la pausa caffè sociale – e silenzio nordico come prevenzione al burnout, all’ansia e allo stress cronico. Lanciata da Visit Sweden, con il supporto dell’Istituto Karolinska, l’iniziativa offre un modulo che il paziente potrà portare al suo medico per valutare se una “prescrizione” turistica possa, eventualmente, integrarsi con il piano di cura. Naturalmente non è una panacea: infatti i costi di viaggio, la logistica e le infrastrutture sono questioni concrete.
Visit Sweden chiarisce che non finanzierà le spese
Ma fornirà, invece, il contesto medico-scientifico e una piattaforma di dialogo tra turismo e salute. L’idea di prescrivere attività non mediche – passeggiate nella natura, partecipazione culturale, artistica e giardinaggio – è già in circolo da anni con il nome di “social prescribing”. Nel Regno Unito, il National Health Service ha adottato strutture che permettono ai medici di indirizzare pazienti verso gruppi comunitari, orti urbani o programmi culturali. In Francia e Olanda esistono esperimenti simili sulle prescrizioni verdi (green prescriptions) che raccomandano passeggiate in boschi o tempo all’aria aperta per migliorare lo stato psicofisico. Tuttavia, quasi nessun medico è arrivato al punto di raccomandare la “Swedish Prescription”.
In Italia non siamo ancora a prescrivere viaggi terapeutici
Le iniziative più vicine sono progetti locali di “prescrizione verde” (che prevede passeggiate nel verde e ortoterapia) spesso condotti da associazioni o comuni, ma senza riconoscimento sistemico nel SSN. Il tema resta marginale nel dibattito sanitario nazionale, mentre le istituzioni faticano a finanziare le cure ordinarie, figuriamoci possibili viaggi terapeutici. Confrontando con la Svezia, il gap è evidente: infrastrutture per il turismo rurale meglio collegate e strutturate; cultura del diritto alla natura codificato (come “allemansrätten”, il diritto di accesso pubblico alla natura); migliori statistiche sulla salute mentale e la qualità dell’aria. Se l’Italia volesse percorrere questa strada, dovrebbe investire non solo in infrastrutture, ma in ricerca, cultura medica e norme sanitarie alternative. La Svezia non sta solo vendendo viaggi. Sta proponendo che la cura si sposti dal farmaco al paesaggio; dagli ospedali ai boschi. È sì un esperimento, ma che mette in discussione che la salute non risieda solo dentro il corpo, ma intorno, nei luoghi che abitiamo. Ma la Svezia ci indica una direzione: la medicina della natura non è utopia, è scelta possibile. E chi crede che il benessere si curi solo con la medicina tradizionale, magari, dovrebbe prepararsi a camminare scalzo nei boschi abbracciando la natura.
Torna alle notizie in home