Liquidatori in aula e Zanettin (FI) pretende: “Salviamo la memoria”
Dal 2017 a oggi le attività residue delle Popolari venete fallite (Vicenza e Montebelluna) sono scese da 6,8 miliardi a 2,27 miliardi di euro, mentre le passività ammontano a 4,9 miliardi. Il patrimonio netto resta negativo per 2,6 miliardi. È la fotografia contenuta nell’ultima relazione dei commissari liquidatori: un quadro impietoso, che chiude la porta a ogni ipotesi di rimborso per le migliaia di soci che si sono insinuati. Le parole della relazione non lasciano spazio a illusioni: “Non sono al momento ravvisabili concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori diversi da Intesa Sanpaolo e dallo Stato”. Tradotto: chi ha perso i risparmi e non è stato risarcito dal Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) non rivedrà un euro. Gli unici beneficiari restano i soggetti istituzionali, in un gioco chiuso di crediti e debiti pubblici.
La battaglia sulla trasparenza
È in questo scenario che Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia e componente della Commissione d’inchiesta sulle banche, rilancia la battaglia sulla trasparenza e chiama i commissari alla resa dei conti: “Giovedì saranno ascoltati in Commissione Finanze, e dovranno spiegare perché la LCA continua a consumare risorse senza risultati. Sono emissari di Banca d’Italia, non rispondono a nessuno, producono relazioni piene di cifre ma vuote di verità”. Zanettin non si limita ai numeri. Da anni denuncia il “muro di opacità” che circonda la liquidazione e la scelta, nel 2017, di far fallire le banche venete per volontà politica europea: “La Bce voleva un caso esemplare, e la Germania impose la linea dura. Si potevano salvare con gli oltre 6 miliardi spesi per Intesa Sanpaolo e per il Fir, ma si preferì liquidare. Monte dei Paschi e Popolare di Bari sono state soccorse, le Popolari venete no”.
La decisione del Consiglio di Stato
Dentro questa sconfitta economica si accende però una piccola vittoria morale: il Consiglio di Stato ha stabilito in via definitiva che i tesori di Palazzo Thiene a Vicenza, (sede storica di BpVi) non potranno essere separati dall’edificio. Opere, arredi e collezioni, valutati circa 14 milioni di euro, restano vincolati al palazzo, nel cuore di Vicenza. Per Zanettin è “una vittoria di principio”, che restituisce almeno una parte di giustizia alla città: “Il Consiglio di Stato ha accertato che il vincolo persiste. Quelle opere appartengono al palazzo e dunque alla comunità. È un gesto che risarcisce, moralmente, chi ha perso tutto”. Da qui la proposta: trasformare Palazzo Thiene in un museo della memoria.
Le dichiarazioni del senatore Zanettin
«Quei beni costano milioni in custodia e assicurazioni. Tenerli chiusi è un insulto. Aprirli al pubblico significherebbe restituire qualcosa alla città e chiudere un ciclo di dolore”, spiega il parlamentare. Vicenza, aggiunge, “è ancora creditrice verso lo Stato: non solo per i soldi, ma per la verità”. E se la finanza ha tradito la fiducia, la bellezza può ancora salvare la memoria, perché da quelle sale, dove la banca nacque e crebbe, può rinascere anche il senso di una comunità tradita ma non vinta. E come ricorda ancora Zanettin, “se non possiamo ridare i soldi ai risparmiatori possiamo almeno restituire qualcosa alla città. Aprire Palazzo Thiene, rendere visibili le opere, trasformare una ferita in un museo della memoria collettiva”. Il senatore parla di un “gesto di riconciliazione” fra Vicenza e lo Stato.
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