Il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha chiesto a tutti di rispettare le decisioni previste nell'accordo di pace
Centinaia di coloni israeliani hanno preso d’assalto il complesso della moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme Est, sotto la protezione della polizia israeliana. Il governatorato di Gerusalemme ha dichiarato che “un totale di 465 coloni ha preso d’assalto i cortili della moschea di Al-Aqsa, effettuando visite provocatorie dei suoi cortili ed eseguendo rituali talmudici”. L’atto di violenza e prevaricazione ha gettato ombre sul fragile cessate il fuoco in atto a Gaza e reso ancora più cupo l’anniversario di una giornata particolare. Trent’anni fa, la notte del 4 novembre 1995, tre colpi di pistola spezzarono la vita di Yitzhak Rabin, il generale israeliano divenuto il simbolo di una speranza di pace. Nato proprio a Gerusalemme nel 1922, da primo ministro, nel 1974 e poi di nuovo dal 1992, cercò in diverse occasioni il dialogo e il compromesso.
Dagli Accordi di Oslo alla morte di Yitzhak Rabin
Alla sua figura sono legati gli Accordi di Oslo del 1993, firmati sul prato della Casa Bianca accanto all’allora capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Yasser Arafat e al presidente israeliano Shimon Peres, oltre a Bill Clinton, nel ruolo di “mediatore”. “Noi che abbiamo combattuto contro di voi, Palestinesi, vi diciamo oggi ad alta voce: basta sangue e lacrime, basta!”, disse in quell’occasione. La mossa gli valse, unitamente a Peres e Arafat, il Premio Nobel per la Pace nel 1994.
Poco prima di essere ucciso, davanti a centomila persone riunite in piazza Re di Israele a Tel Aviv (poi chiamata Piazza Rabin) per la manifestazione “Sì alla pace, no alla violenza”, aveva intonato “Shir LaShalom” (“Canto per la pace”). Mentre scendeva le scale per dirigersi alla sua auto, fu colpito a bruciapelo da un giovane di estrema destra, Yigal Amir, contrario agli accordi con i palestinesi. Si spense in ospedale poco dopo, all’età di 73 anni. L’assassino, un 25enne studente di giurisprudenza, affermò di aver agito per “fermare la consegna della terra d’Israele ai nemici”.
Le Forze di Israele hanno distrutto un tunnel di Hamas
Le Idf hanno fatto sapere di aver distrutto un tunnel di Hamas lungo centinaia di metri e individuato un sito di lancio di razzi nel nord della Striscia di Gaza, sul lato orientale della “Linea Gialla”. Gli attacchi israeliani hanno causato 240 morti e 607 feriti dallo scorso 11 ottobre, quando è entrato in vigore il cessate il fuoco.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è “profondamente preoccupato per le continue violazioni del cessate il fuoco a Gaza”. In un post su X, Guterres ha scritto che “tutti devono rispettare le decisioni previste nella prima fase dell’accordo di pace”.
La bozza di risoluzione degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu a sostegno del piano di pace del presidente Donald Trump per il Medio Oriente, che prevede l’istituzione di una Forza di stabilizzazione internazionale nella Striscia di Gaza operativa fino a tutto il 2027, che risponderà ad “un comando unificato” ed opererà “in consultazione con l’Egitto e Israele”, insieme ad una nuova forza di polizia palestinese.
Il contingente contribuirà a proteggere le aree di confine e a smilitarizzare la Striscia, anche smantellando le infrastrutture terroristiche e impedendone la ricostituzione. Proteggerà inoltre i residenti e garantirà la sicurezza delle operazioni umanitarie.
Le rivelazioni di Axios
Un funzionario statunitense citato dal sito Axios ha sottolineato che la Forza di sicurezza internazionale (Isf) sarà di “enforcement” (imposizione) e non “di mantenimento della pace”. Avrà il compito di garantire la sicurezza durante un periodo di transizione durante il quale Israele si ritirerà gradualmente da altre parti della Striscia e l’Autorità Palestinese condurrà riforme tali da consentirle di prendere il controllo del territorio a lungo termine. Paesi come Indonesia, Azerbaigian, Egitto e Turchia hanno manifestato la volontà di dare un contributo.
Al Board of Peace, in qualità di “amministrazione di governance transitoria” toccherà stabilire le priorità e raccogliere fondi per la ricostruzione. Secondo il testo, l’organismo “supervisionerà e sosterrà un comitato tecnocratico palestinese apolitico di figure palestinesi competenti della Striscia, che sarà responsabile delle operazioni quotidiane del servizio civile e dell’amministrazione di Gaza”. Opererà prima dell’istituzione del comitato tecnocratico. Gli aiuti saranno consegnati dalle organizzazioni che lavorano con il Board of Peace, tra cui Onu, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Qualsiasi violazione sarà “punita” con l’estromissione dalle operazioni.