Elia Del Grande, la lunga ombra della “strage dei fornai”
Elia Del Grande, nella foto di un suo documento, quando aveva 23 anni
Le origini della Strage dei fornai e il contesto familiare
Elia Del Grande nasce a Cadrezzate, in provincia di Varese e cresce in una famiglia conosciuta e rispettata per la storica attività di panificazione. Da ragazzo mostra un carattere ribelle, inquieto, insofferente alle regole. Frequenta ambienti difficili, entra in contatto con gruppi estremisti e conosce la droga. Il suo rapporto con i genitori e con il fratello maggiore si deteriora di anno in anno. Dentro le mura di casa si accumulano silenzi, tensioni, accuse reciproche.
La famiglia tenta di riportarlo sulla retta via, ma Elia si chiude in un mondo a parte, dominato da rancore e frustrazione. È la notte tra il 6 e il 7 gennaio 1998 quando tutto precipita. Nella casa di Cadrezzate, Elia impugna un fucile da caccia e spara contro i suoi familiari. Poi scappa, sale in macchina e si dirige verso il confine svizzero. L’Italia si sveglia con l’eco di una tragedia che scuote l’opinione pubblica: un figlio che annienta la propria famiglia, un delitto inspiegabile nella sua ferocia.
Dopo la Strage dei fornai: arresto, condanna e detenzione
Pochi giorni dopo Elia viene arrestato. Durante gli interrogatori appare lucido ma distaccato. Il tribunale lo dichiara parzialmente infermo di mente e lo condanna a trent’anni di reclusione. Elia tenta più volte di evadere, manifesta comportamenti aggressivi, poi si isola. Col tempo sembra cambiare: scrive, lavora, studia, racconta di voler ricominciare. Gli psichiatri ne descrivono la fragilità, ma anche la capacità di riflettere sui propri errori. Lo Stato decide di trasferirlo in una casa-lavoro, una struttura destinata a chi ha finito la pena ma resta considerato socialmente pericoloso.
Lì, a Castelfranco Emilia, Elia prova a costruire una parvenza di normalità. Ma sotto la superficie calma riaffiora la stessa insofferenza di sempre.
La fuga: tra giustizia e perdono
Il 30 ottobre 2025, con una corda improvvisata, si cala dal muro e scompare. La fuga riapre vecchie ferite: il nome di Elia Del Grande torna sulle prime pagine, accompagnato da paura e sdegno. La sua immagine diventa quella di un fantasma che si aggira tra il passato e il presente, simbolo di un sistema che non riesce a contenere né a guarire. Mentre le forze dell’ordine lo cercano, Elia scrive una lettera in cui afferma di non sentirsi un evaso.
Dice di volersi solo allontanare da un luogo che considera ancora un carcere, di cercare libertà e dignità. Si descrive come un uomo cambiato, ma prigioniero del suo stesso nome. La sua voce risuona come una confessione e come una sfida. L’opinione pubblica si divide: chi lo vede come un assassino irrimediabile, chi come un uomo perduto che tenta di salvarsi.
Oggi Elia Del Grande è ancora in fuga. La sua storia resta sospesa tra cronaca e destino, tra giustizia e perdono. Ogni volta che il suo nome ritorna, riaffiora la stessa domanda: può davvero cambiare chi ha cancellato il proprio passato con il sangue?
Torna alle notizie in home