Turismo in Italia, una buona estate: è merito degli stranieri
Il saldo positivo della stagione soltanto per i 17 milioni di notti trascorse nel nostro Paesi da visitatori esteri
L’estate 2025 del turismo in Italia ha alimentato discussioni opposte: alla fine, contano i visitatori stranieri. Si è discusso di overtourism, molti operatori hanno lamentato spiagge e alberghi semi vuoti, le percezioni contrastanti hanno riempito giornali e social.
Turismo in Italia, com’è andata l’estate 2025
I numeri, ora, mostrano un quadro più definito. L’elaborazione dei dati Eurostat condotta dall’analista Lorenzo Ruffino indica che il 2025 si è chiuso come una buona stagione. L’Italia ha fatto meglio della media europea e ha confermato la sua posizione di primo Paese del continente per numero di pernottamenti.
Per capire il fenomeno servono due misure, avverte Ruffini: arrivi e pernottamenti. Gli arrivi indicano quante persone hanno fatto check-in nelle strutture ricettive. I pernottamenti contano il numero totale delle notti trascorse. Non esiste quindi un “numero reale di turisti”.
Una persona che viaggia tra più città viene registrata più volte negli arrivi, ma resta una sola nei pernottamenti. Per questo il dato più utile è quello delle notti trascorse, a mostrare l’impatto economico e logistico del turismo sul territorio.
Undici milioni di pernottamenti in più
Tra giugno e agosto, l’Italia ha registrato 223 milioni di pernottamenti. Il dato più alto da quando le rilevazioni sono comparabili. Sono 11 milioni in più rispetto al 2024, pari a una crescita del 4 per cento. L’anno precedente l’aumento era stato più contenuto, intorno all’1 per cento.
Gli arrivi totali dell’estate 2025 sono stati 54,2 milioni, un numero in linea con il 2024. La durata media dei soggiorni è salita da 4 a 4,1 notti. Una variazione piccola, ma significativa, perché la permanenza media aveva subìto un calo costante nell’ultimo decennio. Il soggiorno più breve è uno dei segni del turismo moderno, più mobile e frammentato, probabilmente condizionato da una contingenza ancora preoccupante e dalla trasformazione dei comportamenti sociali.
Più avanti arriveranno i dati Istat provenienti dalle strutture ricettive e sarà possibile capire la distribuzione tra mare, montagna, città d’arte e borghi. Forse prossimi lievi aggiustamenti, ma il quadro generale non dovrebbe cambiare.
Aumentano i turisti stranieri, in calo quelli interni
Dietro il dato positivo, due tendenze opposte. Cresce il turismo straniero, cala quello italiano. Quest’estate, i visitatori provenienti dall’estero sono aumentati del 9 per cento. In valore assoluto, 9,8 milioni di pernottamenti in più. Il turismo italiano è invece diminuito dell’1 per cento, con 1,1 milioni di pernottamenti in meno. Un calo del turismo interno non episodico.
Dal 2021 gli italiani in vacanza in Italia diminuiscono ogni anno. Gli stranieri fanno invece registrare una crescita costante dopo la fine delle restrizioni pandemiche.
Il confronto con il periodo pre-pandemico è ancora più netto. Rispetto al 2019, i pernottamenti degli italiani sono scesi del 6,5 per cento. Quelli degli stranieri, aumentati del 17 per cento. Nel saldo complessivo, 7 milioni di pernottamenti in più. Un contributo diviso in 17 milioni di notti aggiuntive da parte dei turisti esteri e 10 milioni in meno da parte dei residenti. Perciò, il ruolo centrale dell’attrazione internazionale nel sostenere il settore: il turismo mantiene in Italia per merito dei visitatori stranieri.
Bene anche l’Europa
Un buon andamento che si specchia nell’estate positiva per l’intera Europa. In Ue un aumento medio del 2,9 per cento. La Francia ha segnato un +4,7 per cento. La Spagna +2,1 per cento. La Germania +0,9 per cento. L’Italia, con il 17,2 per cento di tutte le presenze registrate in Ue, è il primo Paese europeo per numero di pernottamenti.
Un primato storico consolidato e sostenuto dal peso delle regioni costiere, dal patrimonio artistico e dalla notorietà gastronomica. Ma che non basta a offrire una direzione di sviluppo all’economia.
Non è il “petrolio” d’Italia
Il turismo crea lavoro, ma in modo frammentato e spesso stagionale. Ha una produttività bassa e salari contenuti. Può sicuramente restare un pilastro culturale e identitario. Non può, però, diventare la strategia principale di crescita economica. È il punto conclusivo messo in evidenza da Lorenzo Ruffino nel commento ai dati: servono politiche che puntino su settori ad alta produttività e non solo sull’attrazione dei visitatori.
Sullo sfondo, una considerazione fatta negli scorsi mesi da Ruffino, sempre fondata su dati e studi: il turismo non è il “petrolio” d’Italia come troppo frettolosamente e pomposamente da anni si dice. Lo conferma perfino la Banca d’Italia: “Ha un impatto importante sullo sviluppo locale in alcune aree, ma non andrebbe sopravvalutato”.
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