Telemarketing selvaggio: il muro di Agcom ma la guerra è lunga
Scatta la seconda fase del piano dell'Authority. Cosa deve essere fatto di più
Da oggi, il via di un colpo forte di Agcom al telemarketing selvaggio: una guerra che non si ferma qui.
Guerra al telemarketing selvaggio
Parte la seconda fase del suo piano anti-spoofing: il filtro scatta anche sulle chiamate da numeri mobili falsificati. Dopo il blocco iniziale, entrato in vigore il 19 agosto per i numeri fissi italiani, arriva la stretta anche su telefonate ingannevoli che fingono di provenire da cellulari italiani.
Ma cosa cambia davvero? Il meccanismo filtra chiamate dall’estero con identità falsata direttamente a livello di rete. Gli operatori telefonici italiani devono bloccare preventivamente chiamate che mostrano numeri mobili italiani, se non risultano legittimi in base al roaming. Secondo il piano, la verifica non richiede un intervento da parte dell’utente: il filtro agisce in rete. La guerra continua: Agcom conferma che molti operatori del telemarketing hanno già iniziato a implementare le misure tecniche necessarie.
Come ha funzionato finora il filtro di Agcom
Finora, conta quanto ha già filtrato Agcom. Nei primi dati ufficiali, fino al settembre scorso, 43 milioni di chiamate dall’estero bloccate. Una media di 1,3 milioni al giorno. Con un volume enorme di chiamate “aggredito”. Nel solo mese di settembre, il traffico filtrato è stato pari a poco più di 1,4 miliardi di chiamate in ingresso dai carrier internazionali, e circa 20 milioni di queste sono state bloccate: l’1,37 % del traffico totale.
uno scenario che presenta limiti e nodi tecnici. L’estensione alle chiamate da cellulari è tecnicamente più complessa. Gli operatori devono verificare che il numero chiamante esista davvero e che sia in roaming. Senza questa verifica, il filtro non può distinguere un numero chiamante valido da uno falsificato. Molti call center usano poi trunks VoIP – connessioni virtuali che consentono alle aziende di effettuare chiamate telefoniche su Internet – dall’estero e piattaforme cloud. Espediente che rende difficile l’attribuzione delle chiamate. E poi il tavolo tecnico Agcom ha rilevato che non tutti gli operatori hanno completato l’adeguamento delle loro infrastrutture.
Cosa deve essere fatto di più
Indispensabile, all’orizzonte, una cooperazione internazionale obbligatoria. Se le chiamate provengono da server fuori Italia, Agcom può bloccarle solo se operano tramite operatori italiani. Ma se un call center usa carrier esteri diretti, l’intervento è più debole. Occorre una collaborazione transnazionale per tagliare alla radice il traffico illegittimo.
Ci sono, poi, le resistenze provenienti dall’economia interna. AssoCall- Confcommercio, l’associazione che riunisce i call center legittimi, ha accolto le misure, ma chiede tempo. In un comunicato congiunto con Assoutenti, ha sottolineato che i call center possono ancora “avere una seconda vita”, ma serve sostenibilità. Su loro pende la scure di possibili sanzioni fino a 1 milione di euro.
Va poi chiarito che il filtro anti-spoofing si presenta come potente, ma non risolve tutto. Il telemarketing legittimo che usa numeri italiani reali rimane fuori dal blocco. Alcune chiamate aggressive possono comunque passare, se gli operatori rispettano l’obbligo di numeri chiamanti reali. infatti, associazioni come Adiconsum avvertono che la sola tecnologia non basterà: servono più regole e sanzioni più efficaci.
“Continuano ad arrivarmi chiamate”
Tra gli utenti, circola scetticismo. Su Reddit il commento comune: “Ci credo quando non riceverò più chiamate”. Altri denunciano che, nonostante l’iscrizione al Registro Pubblico delle Opposizioni, continuano a subire chiamate moleste. Un clima in cui il filtro anti-spoofing è atteso con fiducia, ma non ancora riconosciuto come soluzione definitiva.
Rimangono ombre che complicano la battaglia. Perché il filtro anti-spoofing blocca una parte del traffico, ma il telemarketing molesto non vive solo di numeri falsificati. Gran parte delle chiamate nasce da un mercato parallelo che opera su liste vendute da data broker oscuri. IrpiMedia ha documentato più volte il commercio di database con milioni di nominativi raccolti tramite concorsi online, app poco trasparenti e siti che nascondono il consenso dentro moduli lunghissimi. Chi acquista quei dati può chiamare senza violare la legge, perché il consenso risulta ancora valido, anche se l’utente non lo ricorda.
Esiste poi il fronte estero. Molti call center si nascondono in Paesi fuori dall’Unione Europea. Da lì usano gateway italiani e sfuggono a sanzioni rapide. Gli operatori italiani segnalano il fenomeno da anni, ma serve una rete di accordi bilaterali per colpire queste società. Senza quella cooperazione, la tecnologia di Agcom riduce solo una parte del problema.
Tre azioni rapide
Alcuni esperti propongono tre azioni rapide. Un registro unico dei consensi aggiornato ogni sei mesi. Una rete di intese internazionali per identificare le aziende dietro le telefonate più aggressive. Un sistema pubblico di tracciamento delle liste marketing. Sono mosse semplici, ma decisive per chiudere il cerchio. Agcom ha scelto una strada robusta. Il blocco su numeri chiamanti mobili e fissi, sanzioni pesanti, un tavolo tecnico attivo rappresentano un mix pragmatico tra regole e infrastrutture. Un approccio che punta a funzionare a monte, agendo su carrier e operatori.
Tuttavia, per vincere davvero, Agcom non può restare sola in questa guerra al telemarketing selvaggio. Serve un salto di scala europeo. Occorrono accordi vincolanti con altri regolatori telefonici, standard comuni di validazione e un monitoraggio continuo. Senza una rete di cooperazione internazionale, lo spoofing continuerà a spostarsi su rotte diverse.
Oggi, insomma, è una data di speranza concreta: il blocco delle chiamate via mobile potrebbe ridurre drasticamente le telefonate moleste più ingannevoli. Ma la partita è lunga. Da Agcom la traccia di una rotta incisiva, ma il successo dipenderà da più fattori: velocità tecnica, collaborazione internazionale e pressione normativa. Solo così il filtro potrà diventare una barriera reale, non solo simbolica.
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