MSI: Il compleanno che divide
Il 26 dicembre 1946 nasce il MSI: una storia che continua a interrogare la Repubblica, tra memorie irrisolte e identità che non si spengono.
Il Movimento Sociale Italiano nasce il 26 dicembre 1946, quando il Paese è ancora immerso nella quiete post‑Natalizia e la Repubblica ha appena iniziato a definirsi. È una data che sembra scelta apposta per passare inosservata, e invece segna l’ingresso sulla scena di una comunità politica che non vuole dissolversi con la fine del fascismo. Il MSI raccoglie reduci della RSI, nostalgie, identità ferite, ma anche un bisogno di continuità che molti non avevano il coraggio di dichiarare apertamente. La fiamma tricolore diventa il simbolo di questa sopravvivenza: non un ritorno al passato, ma la sua persistenza dentro un’Italia che prova a reinventarsi. È un gesto politico e psicologico insieme: dire “siamo ancora qui” mentre tutto intorno cambia.
La lunga presenza, mai centrale ma mai marginale
Per quasi cinquant’anni il MSI occupa una posizione singolare: non guida governi, non determina maggioranze, ma resta un punto fisso del panorama politico. È un partito attraversato da tensioni interne — tra chi vuole integrarsi nelle istituzioni e chi coltiva un’identità più radicale — e che percorre la storia repubblicana come una presenza costante, spesso scomoda. Con Almirante si consolida un’identità nazionalista e disciplinata, capace di parlare a un elettorato che si sente escluso dai grandi blocchi della Prima Repubblica. Il MSI diventa così un laboratorio della destra italiana: un luogo dove si sedimentano linguaggi, miti, rituali e una memoria alternativa rispetto a quella dominante. Quando negli anni Novanta arriva la Svolta di Fiuggi, il partito cambia nome e pelle, ma non cancella ciò che ha rappresentato: un contenitore di identità che non si riconoscevano nella narrazione ufficiale della Repubblica.
Un’eredità che continua a interrogare il presente
Oggi il MSI non esiste più, ma la sua eredità rimane attiva, soprattutto sul piano simbolico e culturale. La fiamma, reinterpretata e discussa, continua a essere un punto di frizione nella memoria collettiva: per alcuni un segno di continuità storica, per altri un richiamo a un passato che non si vuole affrontare fino in fondo. Il 26 dicembre non è una celebrazione, ma un momento in cui riemerge la domanda su come l’Italia gestisce le sue ombre: se le integra, le rimuove o le trasforma in strumenti di identità politica.
La storia del MSI mostra quanto la Repubblica sia nata con contraddizioni profonde e quanto queste contraddizioni continuino a influenzare il presente. Ogni volta che la fiamma torna nel dibattito pubblico, non si parla solo di un vecchio partito: si parla del rapporto dell’Italia con la propria memoria, dei nodi irrisolti che attraversano generazioni e della difficoltà di separare davvero ciò che è passato da ciò che continua a bruciare sotto la superficie.
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