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Agricoltore parente povero: “I produttori sono ostaggio della grande distribuzione”

di Angelo Vitale -


Il costo del cibo, il ruolo della grande distribuzione: questi, gli argomenti principali che si fanno strada, in Italia, nella rivolta degli agricoltori da qualche giorno imbrigliata tra distinguo e polemiche tra i vari fronti interni della protesta, forse troppo sbrigativamente accomunata ad un interessato contrasto alle policy di sostenibilità del Green Deal.

Un problema più evidente in Italia, ma comune in Europa dove “negli ultimi quindici anni – afferma l’associazione Terra! -, hanno chiuso i battenti circa 5 milioni e 300mila aziende, oggi ne restano meno di 10. Bisogna tornare a mettere l’agricoltore al centro della filiera agroalimentare e questo può voler dire solo una cosa: smettere di produrre cibo a prezzi stracciati”.

Riequilibrare il rapporto tra agricoltori e grande distribuzione, quindi. Ciò che è emerso nel corso di un forum promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili presieduta da Luigi Pagliuca. Tenendo a mente che, come sottolineano Fabio Ciconte e Maria Panariello di Terra! “in Italia, la Gdo convoglia tre quarti degli acquisti alimentari (per alcuni addirittura condiziona i volumi di vendita dell’ortofrutta fino al 78%, ndr). Molte delle pratiche che la Gdo mette in atto nei confronti dei propri fornitori sono state definite “sleali” dalla stessa Ue, perché schiacciano i prezzi al consumo con sconti e contributi richiesti ai fornitori che poi si rivalgono sulla parte agricola”.

“Le proteste degli agricoltori – ha detto Salvatore De Meo (FI), presidente della Commissione Affari costituzionali a Strasburgo – sono condivisibili. L’Europa li ha sempre considerati inquinatori, ma non è così. Hanno bisogno di essere considerati al centro delle politiche agricole e non più come i cattivi di turno”. “Dobbiamo riaprire al dialogo – ha aggiunto – . L’Europa mette a disposizione un terzo delle risorse complessive, oltre 50 miliardi di euro in sette anni, permettendo il miglioramento delle qualità produttive”.

Di dialogo ha parlato anche Paolo De Castro, eurodeputato del Pd in Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale a Strasburgo: “Da due anni abbiamo sottolineato come gli agricoltori non fossero coinvolti. Essi non sono il problema, ma parte della soluzione. Dobbiamo chiederci come accompagnare gli agricoltori con alternative concrete alla limitazione della chimica in agricoltura, ad esempio con l’uso della genetica. In Italia siamo leader in questo settore per la vitivinicoltura, innovando le tecniche meccaniche e il precision farming potremmo ottenere ottimi risultati”.

Fare chiarezza con l’Europa è la priorità per Calogero Pisano (Noi Moderati), segretario della Commissione Politiche dell’Unione Europea alla Camera: “Servono regole chiare, soprattutto nei confronti dei Paesi extra Ue. Tra il caro benzina e il costo dei prodotti a prezzi bassissimi nel Nord Africa che arrivano sui nostri mercati a prezzi molto più competitivi, c’è il serio rischio di fallimento per le nostre realtà agricole”.

Critico Alessandro Caramiello (deputato M5S in Commissione Agricoltura a Montecitorio): “Il mancato rinnovo dell’esonero Irpef implicherà un surplus di pagamento per 250 milioni”. Ascolto della categoria ha chiesto, dal punto di vista dei professionisti ogni giorno al fianco delle imprese, Antonio Moltelo, commercialista dell’Odcec di Nola: “Trattori in strada, arresti, bandiere Ue bruciate: scene che potevano essere evitate se solo si fossero ascoltate le loro esigenze in sede di approvazione del Green Deal”.

“La verità – ha sottolineato Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto Nazionale Esperti Contabili) – è che tutte le decisioni passano attraverso Bruxelles e non Roma. E l’agricoltura è la figlia povera del comparto della produzione, quando invece l’intero settore agroalimentare incide sul Pil per il 16%. I prodotti agricoli scontano sul campo passaggi nei confronti della grande distribuzione dove sono contraenti deboli. E vanno quindi favorite le aggregazioni tra compagini agricole per consentire maggior peso contrattuale rispetto ad acquirenti e intermediari”. Perché L’Italia non possa replicare il caso Romania, il Paese – dice Terra! – “con più aziende agricole in Ue, 3,5 milioni, il 90% delle quali è però inferiore ai 5 ettari. Un’economia schiacciata dai vincoli Ue”. Qui da noi, insidiata dalla costante manovra della Gdo, fino ad oggi nemmeno convocata ai tavoli ove il governo prova a mediare con il mondo dell’agricoltura.


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