Cultura & Spettacolo

Alessandro Parrello uno e trino. Da attore a regista e produttore

di Nicola Santini -


Attore, regista, produttore e molto altro ancora. È complicato etichettare in poche categorie un artista poliedrico come Alessandro Parrello. Reduce dall’ottima accoglienza avuta alla XVIII edizione di Cortinametraggio da “Segni molto particolari”, cortometraggio fortemente voluto dalla Polizia di Stato che rappresenta un inno all’inclusività, Parrello si racconta a L’Identità.

Alessandro, a cosa ti stai dedicando oggi tra le tue mille attività?
Sto finendo la post produzione del mio nuovo progetto Lo zio di Venezia, con Giorgio Tirabassi, Guglielmo Poggi e Maurizio Lombardi, che abbiamo girato a Venezia lo scorso settembre. E’ il quinto cortometraggio cinematografico di 20 minuti, girato in anamorfico, che fa parte di una collana di storie che sto realizzando. Contemporaneamente ho appena finito la revisione della sceneggiatura del mio primo lungometraggio tratto proprio da questa storia, alla quale sono molto legato. Sto anche lavorando al mio primo corto di animazione 3D dal titolo Silent Kid.

Come nasce la tua passione per la recitazione?
Guardando i film di Bud Spencer e Terence Hill. Quelle storie così divertenti, quelle battute epiche e le loro avventure mi hanno spinto a voler fare la stessa cosa. Da li ho scoperto che sapevo fare gli accenti, le imitazioni e avevo una spiccata inclinazione nell’intrattenere le persone, cosi mi sono buttato in questa avventura…tanti anni fa!

 

E per la regia?
Credo che la regia fosse da sempre dentro di me. A 14 anni avevo una videocamera super 8 con cui facevo video con i miei compagni di liceo e ai miei famigliari, poveretti! Documentavo tutto e poi rimontavo creandone dei piccoli divertiti film. Portavo la videocamera sempre con me, al punto che certe volte i miei compagni mi odiavano (ride, ndr). A volte penso che se ci fossero stati i social negli anni ’90, saremmo stati un po’ come gli attuali YouTubers. Oggi questa cosa occupa la maggior parte del mio tempo e mi ci dedico con grande cura, tanto studio e tanta voglia di sperimentare cose diverse. Se mi appassiono di una storia che sento debba essere raccontata, cerco di trovare la chiave migliore per farlo. Inoltre adoro da matti lavorare e provare con gli attori.

Un curriculum denso e variegato. Ma c’è qualcosa che ti fa brillare gli occhi ogni volta he ci pensi?
Sicuramente Nikola Tesla è il progetto che porterò sempre nel mio cuore perché rappresenta uno spartiacque tra il prima e il dopo. È una storia magica che ha coinvolto così tante persone sia in Italia che all’estero, che mi rende fiero di aver raccontato. Mi ha aperto tante porte. Detto questo però tutte le mie storie sono come dei figli e un padre vuole bene ai suoi figli in maniera indistinta!

Facciamo nomi. Un regista che vorresti vedere sul display del tuo telefono per proporti un ruolo.
Christopher Nolan fra tutti, se parliamo di estero. Oggi però ci sono tanti giovani registi bravissimi che sperimentano linguaggi moderni e innovativi, anche qui in Italia. Andando spesso nei grandi festival ho avuto modo di conoscerne molti e devo dirti che ci lavorerei volentieri. Mi piacerebbe però un giorno immaginare di poter essere diretto da Paolo Sorrentino, Stefano Sollima e Francesco Bruni. Diversi ma straordinari.

Invertiamo i ruoli. Chi chiami?
Se devo volare alto, penso a Christian Bale.

E l’attrice con cui speri di poter presto dividere il set?
Miriam Leone. La trovo sempre magnetica nei suoi personaggi.

Da qualche anno ti sei cimentato anche nella produzione: come riesci a far convivere, parallelamente, questi tre tipi di ruoli?
Ho iniziato a fare produzione già nel 2005 con il mio primo cortometraggio prodotto assieme al regista. Lì ho scoperto che organizzare un set mi piaceva e mi riusciva. Ho continuato su altri corti e perfino un film indipendente inglese, per poi decidere di aprire la mia società, la West 46th Films nel 2011, per poter realizzare delle storie che mi piacevano. Pian piano è diventata una professione che mi ha dato molto e permesso di potermi dedicare poi anche alla scrittura, alla regia, alla sperimentazione. Ho vissuto a New York per tanto tempo e fare più cose li è la norma per un artista.


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