Attualità

Amina liberata: abusi e torture nel carcere in Kazakistan

di Angelo Vitale -


“Ciao Italia”. In un video, Amina Milo Kalelkyzy, la 18enne cittadina italiana che era detenuta in Kazakistan dallo scorso 4 luglio, saluta la sua liberazione, in attesa di rientrare a Lequile in Puglia ove abita con la sua famiglia. Dalla giovane e dalla sua famiglia il grazie al ministro degli Esteri Antonio Tajani, al governo e ai funzionari della Farnesina che hanno seguito il caso fin dalla lettera inviata da Amina al nostro governo.

Ancora incerta la completa ricostruzione dei fatti accaduti in Kazakistan, ora superata, nella gioia della ragazza e dei suoi familiari, dalla notizia della sua liberazione.

Il 18 giugno scorso, il suo fermo – il primo della sua travagliata vicenda – che la condusse in un appartamento privato ad opera della polizia mentre passeggiava con giovane suo amico e l’accusa della detenzione e del traffico di stupefacenti. Da quel posto, sempre secondo indiscrezioni non confermate dalla Farnesina che si è sempre concentrata sulle iniziative per liberarla, una telefonata alla madre Assemgul Sapenova in cui un poliziotto tentava di estorcerle 60mila euro per liberarla. Poi, la sua iniziale liberazione cui seguì un definitivo arresto l’11 luglio che la condusse in carcere ove cominciò a seguire la sua sorte l’avvocato Alibek Severov, in particolare approfondendo il particolare di documenti che la giovane aveva firmato senza conoscerne il contenuto e poterli interpretare per la sua non conoscenza della lingua del posto, quelli che la inchiodavano all’accusa relativa agli stupefacenti, cui anche gli esami tossicologici l’avevano detta estranea. Dalla ragazza e i suoi familiari, l’accusa di abusi e torture dei poliziotti a suo carico: alcuni di loro per questo risulterebbero indagati dalla Procura speciale di Astana.


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