Politica

PRIMA PAGINA – L’azzardo del Capitano per la rimonta alle Europee

di Domenico Pecile -


Un azzardo – peccato solo non si stia parlando di una partita a poker – temerario e rischioso. E non soltanto per la sua legittima ambizione e per il suo futuro politico perché in questa scommessa si gioca davvero tutto, ma forse soprattutto per i possibili, negativi contraccolpi sulla tenuta della maggioranza. Cantiere nero o onda blu, come l’ha definita lui stesso, poco importa.

Quello che interessa è capire dove Matteo Salvini vuole andare a parare, a cosa punta con la sua sfida rivolta soprattutto alle destre moderate, liberali e democratiche europee. Vero è che i suoi dichiarati obiettivi, che per descrivere i quali ha rispolverato il peggio del linguaggio sovranista, in questo momento fanno a pugni con la politica europeista di Giorgia Meloni, suo cavallo di battaglia fin qui vincente.

Di più: per il premier la politica estera del governo è un valore fondante e imprescindibile che non a caso ha convinto anche i governi più scettici strappando loro plausi e applausi per il nuovo ruolo italiano in diversi campi strategici come l’immigrazione, la sicurezza e soprattutto le guerre in corso in Medioriente e Ucraina.

Sì, Salvini ha aperto un pericoloso vulnus dentro il centro destra italiano che la tessitrice Meloni aveva ricompattato nonostante le “case madri” europee di riferimento siano diverse: i Popolari per Forza Italia e i centristi, i Riformisti e conservatori per la stessa Meloni (di cui tra l’altro è presidente) e Identità e democrazia (che annoverano i principali partiti di estrema destra europei) cui ha aderito la Lega.

Così, mentre le quotazioni politiche europee e internazionali del premier continuano a lievitare, il suo vice dal palco di Firenze, dove aveva radunato i sovranisti europei, si lancia in strali e scomuniche al gotha europeo che di certo non possono essere state gradite da Meloni. La quale – stando ai proclami di Salvini – dialogherebbe con quelli che lui ha stigmatizzato come gli “abusivi che occupano l’Europa”. E contro i quali assicura di avere inaugurato proprio a Firenze con la convention dell’euro gruppo di Identità e democrazia, il “Rinascimento dell’Europa che verrà”.

C’è chi nel centro destra minimizza e confina il tutto nell’avvio della campagna elettorale di un Salvini sempre più in affanno di fronte alla crescita di Fratelli d’Italia. Sarà, ma quando tocca nervi scoperti come la guerra in Ucraina (la Lega, tra l’altro, ha sempre votato a favore dei finanziamenti per le armi) e quella in Medioriente ricollocandosi su posizioni lontane dal governo e ammiccando a Putin e a un certo antisemitismo è chiaro che qualcuno conficca subito paletti che delineano gli ambiti di politica estera.

Il commento del ministro di FdI, Francesco Lollobrigida, è tranchant: “Chi è contro l’Ucraina e Israele non può essere nostro alleato”. Salvini è dunque avvisato. Il suo progetto di un’alleanza anche con le destre estreme (“Meglio la Le Pen tutta la vita che Macron”). Anche se, subito dopo, in tema di future alleanze europee post voto lascia la porta perlomeno socchiusa: “Dopo il voto si ragionerà sulla base dei valori, programmi e numeri quale alleanza sarà possibile costruire”.

Chi, invece, ripete con una certa insistenza che i Popolari non si alleeranno mai con l’estrema destra è Forza Italia. Il ministro Tajani su questo si è dichiarato più volte irremovibile. “In Europa – ha avuto modo di ripetere più volte per smontare ogni ipotesi di asse con l’estrema destra – non valgono le logiche italiane”.

E quindi ritiene impensabile fare “accordi sia con Afd sia con Le Pen. Io personalmente ho dato vita, quando sono stato eletto presidente del Parlamento europeo, a un accordo tra Conservatori, Popolari e Liberali”. Porte aperte, comunque, a Salvini: “La Lega è cosa ben diversa, nessun problema, anzi, saremo lieti di averla parte di una maggioranza, ma senza Le Pen e Afd”. E la Meloni? Per ora preferisce il silenzio.


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