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Arabia e Premier svuotano la A, Moggi: “Gravina che fa?”

di Giovanni Vasso -

LUCIANO MOGGI


Petrodollari e sterline vanno all’assalto del calcio italiano. E Luciano Moggi entra in tackle sulla Federazione e, in particolare, strattona il presidente Gravina. Conversando con l’Adn Kronos, l’ex dirigente della Juventus ha randellato l’immobilismo della Figc che, oltre alle frasi di circostanza, sembra non voler far nulla per opporsi al declino della Serie A. “Arabia e Premier ci danno i soldi, i club risanano ma campionato e Nazionale peggiorano. E Gravina non fa niente, però se è ancora sulla poltrona vuol dire che va bene così, tuona Moggi che aggiunge una notazione che nessuno, finora, s’era nemmeno azzardato di avanzare: “Il problema non sono solo gli arabi ma anche la Premier, ma certo i sauditi fanno aumentare i prezzi dei giocatori”. In fondo è così da anni. La “ricchezza” della Premier, fin dai tempi di Abramovic al Chelsea, ha contribuito a sballare prezzi e quotazioni, ingaggi e cessioni. Al punto che coi soldi che ha incassato per il solo Tonali, il Milan sta imbastendo un mercato importante. Moggi spiega che in Italia “non succede niente di particolare perché le società più vendono più riassestano i bilanci. Però ne soffre il campionato, che era il più bello del mondo e da quando c’è Gravina non è più così”.

Che cosa è accaduto, secondo Big Luciano? La questione è semplice. E riguarderebbe il sostanziale immobilismo della Federazione Italiana giuoco calcio: “Non puoi evitare il problema degli stranieri perché c’è la libera circolazione? Perfetto, ma puoi mettere un limite a quelli che scendono in campo. Altrimenti i nostri giovani non hanno sviluppi particolari e poi questo si vede in Nazionale”. E quindi prende a esempio proprio “il caso Tonali” sul destino dei giovani italiani: “Se crescono, vanno in Premier. Però se Gravina sta tranquillo lì, va bene, si tiene la sua poltrona. Ma si sta distruggendo il calcio italiano se non si prendono provvedimenti. Tra l’altro nelle squadre in cui giocano stranieri, su dieci quattro sarebbero da rimandare a casa loro”.

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