Ambiente

Aspettando Cop28, l’Aie: cosa rischiano le compagnie a fare ancora investimenti su petrolio e gas

di Angelo Vitale -


I produttori di petrolio e di gas della Terra si trovano di fronte a scelte cruciali per il loro ruolo nel sistema energetico globale, nel contesto di una crisi climatica aggravata. Secondo un nuovo rapporto speciale dell’Aie, devono scegliere se continuare ad aumentarla o diventare parte della soluzione. Non solo una scelta di sostenibilità ambientale, perché il report The Oil and Gas Industry in Net Zero Transitions mostra come le compagnie petrolifere – non solo le grandi – fanno investimenti che valgono il doppio di quelli necessari per una domanda che decresce sempre più. Un concetto che appare incrociare, qui da noi, le critiche ricorrenti degli ambientalisti alla manovra generale, da parte dei governi e delle più grandi imprese come le controllate Eni e Snam, per la realizzazione di infrastrutture per il petrolio o il gas o per la ricerca sempre più frequenta di nuove fonti di questo tipo, anche oltre confine.

Pubblicato in vista del vertice sul clima COP28 dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, il rapporto speciale illustra ciò che il settore globale del petrolio e del gas dovrebbe fare per allineare le proprie attività agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

E mostra come, anche con le attuali politiche, la domanda globale di petrolio e gas è destinata a raggiungere il picco entro il 2030, secondo le ultime proiezioni dell’Aie. Un’azione più incisiva per affrontare il cambiamento climatico comporterebbe un netto calo della domanda di entrambi i combustibili. Se i governi rispettassero pienamente i loro impegni nazionali in materia di energia e clima, la domanda scenderebbe del 45% rispetto al livello attuale entro il 2050. In un percorso che porti al raggiungimento di emissioni nette zero entro la metà del secolo, necessario per mantenere l’obiettivo di limitare le emissioni di gas a effetto serra.

E riflette pure pure su come l’industria globale del petrolio e del gas comprende una gamma ampia e diversificata di attori, dai piccoli operatori specializzati alle grandi compagnie petrolifere nazionali. Un’attenzione che spesso si concentra sul ruolo delle major del settore privato, che però possiedono meno del 13% della produzione e delle riserve globali di petrolio e gas.

Per allinearsi a uno scenario di 1,5°C, le emissioni del settore devono diminuire del 60% entro il 2030. Ma sebbene la produzione di petrolio e gas sia notevolmente inferiore durante la transizione verso emissioni nette pari a zero, non scomparirà, nemmeno in uno scenario di 1,5°C.

E gli 800 miliardi di dollari attualmente investiti ogni anno nel settore del petrolio e del gas rappresentano il doppio di quanto sarà necessario entro il 2030 per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. In questo scenario, i cali della domanda sono sufficientemente ripidi da non rendere necessari nuovi progetti convenzionali di petrolio e gas a lungo termine. Sarebbe addirittura necessario chiudere alcune delle attuali produzioni di petrolio e gas.

Ecco perché la sfida per le compagnie non è solo di sostenibilità: ne va della loro situazione economica. Nella transizione verso lo zero netto, il petrolio e il gas sono destinati a diventare nel tempo un’attività meno redditizia e più rischiosa. L’analisi del rapporto rileva che l’attuale valutazione delle società private di petrolio e gas potrebbe scendere del 25% rispetto agli attuali 6mila miliardi di dollari se tutti gli obiettivi nazionali in materia di energia e clima venissero raggiunti, e fino al 60% se il mondo si mettesse sulla buona strada per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.


Torna alle notizie in home