Politica

Autonomia e premierato: rinunce e promesse. Le divisioni a destra

di Ivano Tolettini -

MATTEO SALVINI MINISTRO INFRASTRUTTURE, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI


Autonomia e premierato. Risorse e regole per il trasferimento delle materie concorrenti tra Stato e regioni, e per un modello di “capo del governo all’italiana” eletto dal popolo. Con un emendamento – in totale ne sono stati depositati quasi 500 in commissione Affari Costituzionali al Senato – presentato da Fratelli d’Italia, ma che è stato concordato con la maggioranza, sulla possibilità del presidente del Consiglio di esercitare il potere di veto sul trasferimento di una o più competenze, leggi materie, alle regioni di fatto si introduce una sorta di premierato. La partita sulla riforma dell’autonomia differenziata entra nel vivo. Con la ripresa dei lavori parlamentari arriveranno al pettine i veri obiettivi dei gruppi e la solidità degli accordi nella maggioranza, perché è quest’ultima che dà ovviamente le carte, per confezionare la tanto attesa riforma del regionalismo di cui si discute da oltre vent’anni e che è già stata oggetto di referendum.

Autonomia e Premierato: doppio binario

“Nella maggioranza c’è un accordo blindato: l’autonomia differenziata la porto a casa. A inizio 2024 prevedo che sarà legge. E il testo Casellati sulla forma di governo ho contribuito a scriverlo”. Ad affermarlo è Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, che non è un caso mette sullop stesso piano le due riforme che stanno a cuore rispettivamente a Lega e FdI. E a proposito dei costi della riforma regionalista Calderoli sottolinea che “anche il mio ministero parteciperà alla riduzione della spesa, anche se è senza portafoglio. Abbiamo il Fondo per i Comuni di montagna, però il taglio lo faremo in modo che ai municipi e alle Regioni vadano le stesse quantità di soldi”. La questione del finanziamento dell’autonomia e del diritto di veto del premier sul passaggio di alcune competenze infiamma il dibattito nel centrodestra. Soprattutto in Veneto dove il governatore Luca Zaia spende la sua futura credibilità politica sulla riforma per la quale ha chiamato i veneti alle urne sei anni fa. Ecco allora che l’europarlamentare trevigiano Gianantonio Da Re polemizza che se “il premier avesse la facoltà di mettere il veto su alcune materie si chiamerebbe Benito, no non è questo il metodo per impostare una materia così complessa”.

Certo è che in tanti dentro la maggioranza cominciano ad affermare che le due riforme, quella dell’autonomia e quella istituzionale, dovrebbero viaggiare appaiate. Un modo per azzoppare l’autonomia o per rafforzarla, se davvero la maggioranza è coesa come afferma di esserlo per bocca dei suoi massimi rappresentanti? Tanto che la ministra per le Riforme istituzionali, Maria Elisabetta Casellati, osserva che “l’altro giorno Giorgia Meloni ha annunciato che il provvedimento di riforma costituzionale è pronto. L’ho messo a punto dopo un lungo periodo di ascolto con i partiti, i costituzionalisti, le categorie economiche e i sindacati. Ha ancora bisogno di qualche piccolo aggiustamento e poi presenterò il testo in Consiglio dei ministri”. Dunque, se come afferma Casellati il testo di riforma della Carta degli italiani “andrà certamente in uno dei prossimi Consiglio dei ministri, anche se al momento non so dire esattamente quando perché preferisco andare cauta con i tempi e pesare il contenuto piuttosto che accelerare”, vuol dire che le due riforme (autonomia e premierato) potrebbero davvero andare di pari passo. Ma è attuabile, visto che i tempi parlamentari sarebbero diversi per le peculiarità delle due riforme epocali, che prevedono maggioranze diverse e, nel caso del premierato, qualificate?

Quanto al ministro Calderoli, egli non perde occasione per ribadire “ma chi l’ha detto che i Livelli essenziali delle prestazioni debbano costare di più? Nessuno li ha mai definiti, quindi nessuno è in grado di quantificarne il costo. Se si usano i fabbisogni standard la razionalizzazione e la responsabilità può addirittura portare alla riduzione della spesa, con grande gioia di Giorgetti. Se poi dovessero costare di più, e non credo, le leggi di bilancio provvederanno a finanziarli”. Il riferimento al ministro dell’Economia non è casuale perché nella prima riunione del Cdm egli ha spiegato che le risorse sono poche e che “andranno spese al meglio”. La stessa premier sintonizzata sulla stessa lunghezza d’onda è stata categorica, “niente sprechi”, sottolineando una costante attenzione all’emergenza sbrachi ed a un necessario piano migranti per una gestione che sta diventando problematica e che sta incontrando resistenze al Nord, da parte di molti sindaci che si riconoscono nella maggioranza. Ecco che allora che l’autonomia e il premierato saranno il mastice della grande alleanza nel centrodestra, oppure motivo di scontro che potrebbe mettere a rischio la ragion d’essere dell’esecutivo.


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