Esteri

Banca cinese fasulla ripulisce 100 milioni, tredici arrestati

di Ivano Tolettini -


Un fiume di denaro, attorno ai 110 milioni di euro, sarebbe stato ripulito con molteplici truffe fiscali commesse da società del Nordest. Esse operavano soprattutto nel commercio dei materiali ferrosi, e con il coinvolgimento di due aziende cosiddette “cartiere” sull’asse Milano-Roma, il cui compito sarebbe stato quello di predisporre fatture false per frodare l’erario, avrebbero movimentato l’ingente flusso di soldi che è stato intercettato dalla Guardia di Finanza di Vicenza. Al termine di indagini avviate un paio d’anni fa, con sviluppi anche all’estero, il gip del tribunale berico su richiesta della locale Procura, coordinata da Lino Giorgio Bruno, ha firmato 13 ordinanze di custodia cautelare. Otto sono in carcere a carico dei vicentini Federico Boschetto, 52 anni, di Arzignano; Luca Boschetto, 57 anni, di Chiampo e di Carlo Zanco, 58 anni, del capoluogo; quindi nei confronti dei bresciani Giuliano Rossini, 49 anni e della moglie Silvia Fornari, 43 anni, di Gussago in Franciacorta, e di Maurizio Ceretti, 51 anni, del capoluogo; infine a carico del sanremese Flavio Guatta, 55 anni, e del cittadino cinese Chenrui Peng, 38 anni, di Vigonovo nel Veneziano con attività a Padova. Il gip ha firmato altre cinque ordinanze, ma ai domiciliari, e riguardano i bresciani Emanuele Rossini, 24 anni, figlio di Giuliano, pure lui di Gussago; Giuliano Carlo Paganotti, 60 anni, di Rudiano e Gianluca Dotti, 47 anni, del capoluogo, quindi i cittadini dello Sri Lanka, Donald e Ronald Warnakulasuriya, rispettivamente di 45 e 32 anni. I finanzieri del colonnello Cosmo Virgilio ritengono di avere individuato una presunta associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro composta da 16 persone che agivano sulle piazze di Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con ramificazioni all’estero in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese. Il prologo sarebbe avvenuto quando i militari hanno messo a fuoco la figura di Federico Boschetto a lungo pedinato ed intercettato perché sospettato di essere il classico spallone (o “money mule”), il cui compito era di trasportare denaro contante, che sarebbe stato provento di frode fiscale, in Slovenia. Egli si fermava per poco tempo, anche solo un’ora, dove avrebbe consegnato i soldi ai complici, prima di rientrare in Italia. Sviluppando le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche oltre a Boschetto i finanzieri si sono concentrati sulla figura dei coniugi Rossini, oltre ad altri 11 spalloni che avrebbero trasferito il contante all’estero. In tutto avrebbero eseguito 556 viaggi trasportando 110 milioni di euro che sarebbero stato frutto dell’evasione nel settore dei materiali ferrosi commesso da 25 aziende (di Vicenza, Verona, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino), attualmente oggetto di accertamenti fiscali, tramite la copertura formale di fatture per operazioni ritenute inesistenti emesse dalle “cartiere” con sede a Milano e Roma. Gli imprenditori avrebbero pagato le fatture false con bonifici ai “fornitori/cartiere”, i quali in tempo reale trasferivano sempre con bonifici il denaro a due società: una di Honk Kong, l’altra belga. Quindi il denaro bonificato all’estero tornava in Italia alle stesse aziende clienti al netto della commissione dell’1,5% attraverso lo sportello bancario, sospettato dalla magistratura di essere abusivo, della “China underground bank” di Padova, situato nel “Centro ingrosso Cina”. In questo modo il cerchio illegale si sarebbe chiuso col riciclaggio del denaro frutto di sospetta evasione. Sarebbe stato Peng che avrebbe organizzato la consegna dei soldi contanti agli spalloni non solo nella stessa Padova ed a Prato, Mantova, Chieti e Roma, ma pure in Slovenia e Germania. Secondo i Pm di Vicenza, Federico Boschetto e i coniugi Rossini, che nel maggio 2023 sono stati già condannati a pene variabili tra 3 e 4 anni di reclusione nel primo troncone dell’inchiesta, e che sarebbero stati al vertice del presunto sodalizio criminale, avrebbero utilizzato le chat criptate Telegram, Signal, DingTalk e Wechat. Il tribunale ha ordinato anche il sequestro preventivo di oltre 1,5 milioni di euro per l’attività di riciclaggio.


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