Attualità

Casa Soumahoro e le risate in aula contro i lavoratori

di Rita Cavallaro -


Il diritto all’eleganza di casa Soumahoro che diventa diritto all’arroganza con l’ennesimo schiaffo a quei lavoratori rimasti senza stipendio e ai migranti depredati dei fondi dell’accoglienza. A Latina, ieri, è andata in scena la prima udienza del processo, che vede imputati, per la maxi evasione fiscale delle coop Karibu e Consorzio Aid, Liliane Murekatete, la madre Maria Therese Mukamitsindo e il fratello Michel Rukundo, rispettivamente moglie, suocera e cognato del deputato di sinistra Aboubakar Soumahoro. Liliane, davanti al giudice monocratico Simona Sergio, non si è presentata, è rimasta ai domiciliari nella villetta all’Infernetto comprata nel 2022 con il marito. Gli altri imputati di famiglia, però, c’erano.

E ridevano, mentre i loro avvocati Lorenzo Borrè e Francesca Roccato portavano avanti la battaglia contro la costituzione di parte civile dei trenta lavoratori non pagati dalle coop dell’imprenditrice ruandese, oltre a quella del sindacato Uiltucs Latina, che dal giorno in cui è scoppiato lo scandalo è impegnato nella difesa dei diritti dei dipendenti. L’eccezione della difesa all’ammissibilità delle parti civili, che qualora fossero escluse dal processo non avrebbero alcun risarcimento, si fonda sulla tesi che i danni risarcibili derivano dalla condotta diretta e il reato di elusione fiscale per false fatturazioni, per il quale sono a giudizio gli imputati, non avrebbe creato alcun danno ai lavoratori né al sindacato, ma soltanto all’Agenzia dell’Entrate, verso la quale le coop hanno accumulato debiti per oltre 3 milioni di euro.

Al contrario, per i legali di parte civile, il nesso tra il mancato pagamento degli stipendi e l’evasione delle tasse c’è eccome, perché, hanno sottolineato, proprio quella reiterata evasione fiscale ha inficiato sui mancati versamenti dei salari dei lavoratori, che Mukamitsindo giustificava con i ritardi dei rimborsi delle spese dalla pubblica amministrazione. Una sorta di show, quello andato in scena in aula, visto che la questione della costituzione delle parti civili era già stata affrontata dal gip di Latina Pierpaolo Bortone, che aveva ammesso sia i dipendenti che il sindacato. Show al quale hanno contribuito gli stessi imputati, in spregio alla gravità delle proprie condotte e al rispetto delle persone offese e sfruttate.

“I sorrisi e gli atteggiamenti denigratori visti in udienza da parte di personaggi rinviati a giudizio, quando si è parlato delle difficoltà dei lavoratori, è la fotografia di queste persone, le quali dichiaravano sempre che enti non pagavano e di conseguenza non pagavano gli stipendi”, ha sottolineato Uiltucs. “La vera e cruda realtà era diversa: le risorse economiche della Karibu venivano spese per shopping e spese personali dei rinviati a giudizio, mentre per i lavoratori non c’erano mai i soldi”. D’altronde, a certificare la bella vita di Liliane and Company ci sono 120 pagine di acquisti folli effettuati con il denaro per i migranti. Dalle 2.140 euro per le notti negli hotel quattro stelle del Ruanda ai 1.990 euro per gli abiti griffati alla boutique Ferragamo a Roma, fino ai 5.857,63 euro per le cene costosissime, in pieno lockdown, al ristorante-resort aperto a Kigali dall’altro figlio di Maria Therese, Richard Mutangana.

E ancora 4.500 euro al mese di affitto per la prestigiosa casa della moglie del deputato con gli stivali a Bruxelles, passando per i completini intimi da 700 euro e arrivando ai 300 per un profumo, oltre al fiume di denaro dissipato in cene ed enoteche. Il tutto mentre i migranti non avevano né cibo né diaria, venivano lasciati senza riscaldamenti e in locali fatiscenti, in condizioni igienico-sanitarie terribili. E i dipendenti non venivano pagati da almeno un anno, tanto che le mensilità arretrate ammontano a circa 30mila euro. La Uiltucs ha ricordato “le tante difficoltà dei lavoratori che ancora persistono, come la mancata ricollocazione, causata da questi personaggi che hanno distrutto il lavoro in un settore dove non c’era uno stato di crisi, ma solamente l’intenzione di interpretare accoglienza ed integrazione con il solo interesse del profitto, cancellando il lavoro stabile di queste maestranze per altre finalità che oggi sono oggetto di un processo”.

Conclude Uiltucs: “A quei sorrisi denigratori visti in aula siamo certi che la magistratura, che ringraziamo per l’egregio lavoro, risponderà nel giusto modo, ripristinando per lavoratori e famiglie la dignità ed il rispetto per il lavoro cancellato da queste persone che oggi ridevano e si facevano beffe davanti alle difficoltà dei lavoratori”. Tanto più che è proprio grazie alle denunce di questi dipendenti derisi che è scoppiato lo scandalo delle coop di casa Soumahoro. Il giudice Sergio si è riservata sulle eccezioni preliminari e ha fissato la prossima udienza al 23 aprile.


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