Chilometro zero alla cinese: il paradosso Temu
Più che spesa, shopping online: prodotti locali usati come specchietto per le allodole del bazar cinese
Da qualche settimana anche la Svizzera ha il suo Local-to-Local firmato Temu. Tradotto: i commercianti elvetici possono piazzare pasta, biscotti e caffè direttamente sulla piattaforma cinese. “Prodotti locali per la gente locale”, annunciano con entusiasmo, come se avessero reinventato la spesa dal fruttivendolo sotto casa. Peccato che l’idea del chilometro zero su un sito cinese faccia sorridere: un po’ come farsi spiegare la dieta mediterranea da un fast food del Midwest.
Il trucco del prezzo basso
Il segreto è semplice: niente dogane, niente dazi, consegne più rapide. E soprattutto prezzi bassissimi che mortificano il lavoro di tutti. Altro che chilometro zero: qui siamo al ribasso infinito. Il problema è che, infilando prodotti con etichetta “made in Italy” o “made in Switzerland” accanto a custodie per smartphone e ciabatte fluo, il cibo rischia di diventare un oggetto qualsiasi nel grande bazar digitale.
Il limite del fresco
Il fascino dei discount fisici non è solo nel prezzo, ma nella prossimità, nel fresco, nella possibilità di scegliere ciò che si mette in tavola. Un pomodoro non lo spedisci in bundle con un caricabatterie, il pane non ti arriva col corriere espresso. La spesa non è un algoritmo di promozioni, ma un gesto quotidiano fatto di riconoscimento e fiducia.
Cavallo di Troia digitale
Temu sorride e parla di nuove opportunità per le aziende locali. Ma a occhio sembra più un cavallo di Troia: dentro ci sono i biscotti svizzeri, fuori resta la solita logica cinese del “più costa poco, meglio è”. Forse è arrivato il momento di ricordare che almeno il cibo merita di restare un po’ meno globalizzato. Altrimenti il chilometro zero rischia di diventare solo uno slogan… scritto in mandarino.
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