Esteri

“Come l’Isis”

di Ernesto Ferrante -


Il sangue scorre a fiumi nella Striscia di Gaza. L’operazione militare di Israele per annientare Hamas, sta assumendo i contorni di una mattanza. Secondo la tv satellitare al-Arabiya, si contano almeno 1.354 morti e 6.049 feriti. Altissimo il numero degli sfollati, che ha superato quota 338mila, stando alle ultime stime dell’Onu.

Tel Aviv interromperà le forniture di acqua e di elettricità all’enclave palestinese fino a quando Hamas non rilascerà le 150 persone rapite sabato. Lo ha scritto in un tweet il ministro dell’Energia israeliano Israel Katz.

Fuori uso gli aeroporti internazionali di Damasco e Aleppo, le cui piste sono state danneggiate nei raid per i quali la Siria ha accusato gli israeliani. Gli attacchi sono stati condotti alla vigilia di una visita del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian.

“Le forze di difesa israeliane distruggeranno Hamas. Questa guerra sarà lunga e difficile, ma prevarremo. E nonostante tutte le difficoltà, siamo pronti a proteggere i nostri cittadini da qualsiasi minaccia”, ha affermato il ministro della Difesa israeliano Yoav Galant in un briefing con i suoi omologhi della Nato.

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “Gli Stati Uniti sono al fianco di Israele, vi difenderemo sempre, ha assicurato Blinken nel corso di una conferenza stampa congiunta con Netanyahu nella capitale israeliana. “Questo è il messaggio che porto con me da parte di Biden”, ha proseguito Blinken, garantendo che all’interno del Congresso c’è “un supporto bipartisan per Israele”.

“Il Presidente Biden aveva assolutamente ragione nel definire questo puro male. Hamas è l’Isis. E proprio come è stato schiacciato l’Isis, anche Hamas sarà schiacciato e Hamas dovrebbe essere trattato esattamente come è stato trattato l’Isis”, ha dichiarato il premier, riproponendo un accostamento errato, mendace e sconfessato dai fatti.

Il cosiddetto “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” è stato nemico giurato di Hamas. “Costruiremo questo emirato islamico a costo di sacrificare le nostre vite e in esso instaureremo la Shariah, così da provare nuovamente la gioia di vivere secondo la legge islamica”. Così si espresse Abdul-Latif Moussa nella moschea Ibn-Taymiyah a Rafah, nella parte meridionale di Gaza il 14 agosto 2009. Conosciuto anche come Abu al-Noor al-Maqdasi, annunciò la creazione di “Al-Imarat al-Islamiyah fi Aknaf Beytul Maqdas”, altrimenti noto come “Emirato Islamico a Gerusalemme”, del quale si dichiarò il primo emiro.

L’articolazione palestinese dell’Isis, denominata Jund Ansar Allah fece del luogo di culto il suo quartier generale. Hamas lo circondò e chiese ai membri del movimento di arrendersi, ma essi rifiutarono. Il negoziatore scelto, Muhammad Jibril al-Shemali, uno dei comandanti delle Brigate Izz Al-Din Qassam, fu ucciso. Ne seguì una battaglia di sette ore con un massiccio impiego di artiglieria da entrambe le parti. La moschea venne distrutta e tutti i membri di Daesh furono uccisi.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs) e il presidente iraniano Ebrahim Raisi hanno avuto una conversazione telefonica “sull’attuale situazione a Gaza e nelle zone circostanti”. Mbs ha riferito a Raisi che Riad sta “comunicando con tutte le parti internazionali e regionali per fermare l’escalation in corso” e ribadito “la ferma posizione del regno in sostegno alla causa palestinese”. E’ la prima chiamata tra Mbs e Raisi dopo il riavvicinamento avvenuto a marzo.

Durissimo Raisi: “I Paesi islamici hanno il dovere di cooperare e unirsi per fermare al più presto i crimini dei sionisti contro i palestinesi. L’Iran e l’Arabia Saudita possono aiutare a garantire i diritti legali dei palestinesi e a fermare l’aggressione e i crimini del regime sionista”.


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