Crolla la Lega. Meloni detta i tempi. Zaia resta il totem
Le elezioni regionali nelle Marche hanno prodotto un risultato che va ben oltre i confini della regione adriatica. Francesco Acquaroli è stato rieletto presidente con un margine netto, forte di una coalizione di centrodestra che ha toccato il 52,1% e con Fratelli d’Italia primo partito al 28%. A pesare, però, non è soltanto la conferma di un governatore uscente, ma soprattutto il tracollo della Lega: dal 22,4% del 2020 al 7% nel 2025. Un crollo che si aggiunge a quello registrato in Valle d’Aosta, dove il Carroccio, primo partito nel 2020 col 23,9%, è scivolato all’8,4%. Questo doppio colpo mette a nudo la fragilità politica di Salvini. La Lega paga un logoramento evidente, che si traduce non solo nella perdita di consenso nazionale, ma anche in una ridotta capacità di incidere nella coalizione. La questione si riflette sul Veneto, regione simbolo della Liga. Qui, a novembre, si voterà per il dopo-Zaia, e la partita sulla candidatura diventa ancora più delicata. Giorgia Meloni ha commentato il voto come un premio al “lavoro senza sosta” del governo. Un messaggio chiaro: il risultato non ha solo valenza regionale, ma è pure un riconoscimento all’esecutivo. In questo contesto, sarà disposta a cedere il candidato governatore in Veneto alla Lega? Oppure pretenderà che la volontà popolare si traduca in un cambio della guardia anche nella roccaforte leghista? L’elemento che complica il quadro è la figura di Luca Zaia. Simbolo di radicamento e di consenso trasversale, resta l’unico “totem” in grado di garantire alla Lega il consenso politico. Meloni sa che in Veneto il suo partito potrebbe crescere ancora, ma sa anche che senza la Lega guidata da Zaia l’unità del centrodestra rischierebbe di incrinarsi. Ecco allora il dilemma: regalare al Carroccio la possibilità di giocarsi la carta più forte, per provare a rianimarlo, oppure rivendicare fino in fondo la primazia delle urne? In realtà, l’aritmetica dei consensi non lascia spazio a illusioni. La Lega non è più il partito trainante, e il destino del Veneto potrebbe segnare gli equilibri interni alla coalizione. Per Meloni la tentazione di affermare il primato di FdI è forte. Ma la politica vive di equilibri e compromessi: non escludere un passo indietro tattico, per conservare la coesione, potrebbe rivelarsi la mossa più astuta. Di certo il voto nelle Marche e in Valle d’Aosta ha aperto una faglia profonda nella Lega. Il Veneto sarà il banco di prova decisivo per il centrodestra e per la sopravvivenza stessa della leadership di Salvini.
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