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Dall’autopsia fino alle batterie e al guardrail: tutti i passi dei pm

di Domenico Pecile -


Incidente di Mestre: Dall’autopsia fino alle batterie e al guardrail. Tutti i passi dei pm

Le 21 vittime del pauroso incidente di Mestre sono state tutte riconosciute. Tra loro anche un bimbo di un anno e mezzo e una ragazzina di 11 anni. Le salme saranno restituite ai parenti. Secondo fonti sanitarie, sono in netto miglioramento le condizioni di alcuni dei 15 feriti, dei quali tuttavia 5 rimangono ancora sotto stretta sorveglianza medica. All’origine della tragedia c’è l’ipotesi di omicidio stradale plurimo. A causare l’incidente sono stati – secondo gli inquirenti – o una manovra azzardata, oppure un malore dell’autista. Nessun contatto con un altro mezzi prima del tragico volo. Le indagini si concentrano anche sull’analisi di un video ripreso nei momenti dello schianto alla “Smart control room” del Comune di Venezia. La telecamera, puntata sulla rampa, fa vedere il bus affiancarne un altro, presumibilmente fermo al semaforo che immette a sinistra, verso Marghera, e che ha la freccia inserita. Subito dopo si nota il mezzo piegarsi e cadere. E nel mirino dell’inchiesta, oltre al bus e alla scatola nera, è finito anche il guardrail.

Quest’ultimo è stato ed è tuttora al centro di vibranti polemiche sulle sue condizioni nel tratto stradale dove si è la tragedia. Proprio per questo, secondo il Procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, che coordina le indagini seve un’apposita perizia, visto che “non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail”. Cherchi si riferisce al cosiddetto varco di servizio – circa un metro e mezzo – presente lungo il guardrail sfondato dal pullman prima di precipitare. Dunque, per il magistrato veneto non risulta che qualcuno abbia definito “marcia quella barriera”. “Sul guardrail – ha infatti aggiunto – faremo tutte le attività del caso, iniziando da una consulenza tecnica, appena avremo trovato il soggetto idoneo per farla. Servono conoscenze tecniche, non giuridiche. Per adesso non abbino acquisito documenti sulla rampa di lanci”. Il capo dell’ufficio giudiziario di Venezia ha voluto poi precisare, proprio per diradare la cortina fumogena creata dalle polemiche che “la giustizia non è uno show” e che allora “le notizie spezzettate non aiutano il nostro lavoro e creano confusione”. Ha poi aggiunto che per accelerare le indagini “tutte le varie perizie saranno eseguite contemporaneamente, nei limiti del possibile senza privilegiare un indirizzo rispetto ad altri, quindi i periti saranno chiamati a esaminare il guardrail, il bus, la scatola nera del mezzo”. Tutti elementi, questi, che risultano sotto sequestro. Insomma, “svolgeremo le attività senza andare appresso alle esternazioni”.

E sulla vicenda è intervenuto anche l’assessore comunale ai Trasporti, Renato Boraso, il quale come premessa esclude che ci fosse un varco nel guardrail, giacché – ha spiegato – si tratta di un varco di servizio. “Sono affermazioni inaccettabili – ha affermato per porre fine alle polemiche – quelle che ho letto. Il bus non è caduto perché c’era un buco di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto”. Secondo il parere dell’assessore, infatti, l’autobus “è caduto 50 metri dopo il varco, dopo avere strisciato sul guardrail, senza segno di frenata o contro-sterzata. Oppure vogliamo dire che senza il “buco” la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?”. Boraso ha poi voluto sottolineare che le immagini del video dell’incidente, riprese dalle telecamere, “mostrano chiaramente che, ma l’ha detto anche il procuratore capo Cherchi, che il pullman sale sul cavalcavia e si appoggia al guardrail, che tiene inizialmente, e poi striscia per 50 metri, senza controllo, sulla barriera, fino a precipitare”.


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