Economia

Dazi, il giorno dopo: esulta il farma, deluso agroalimentare

di Giovanni Vasso -


Il giorno dopo, l’Italia è divisa sui dazi, sulla dichiarazione congiunta. Sulle decisioni che hanno interessato il (nuovo) rapporto tra Europa e Stati Uniti. C’è delusione, tanta, nel mondo dell’agroalimentare che s’aspettava un’esenzione. C’è soddisfazione, altrettanta, nella farmaceutica che invece temeva la stangata.

Il giorno dopo i dazi: esulta la farmaceutica

E nel grazie al governo da parte di Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, c’è la riconoscenza di un settore, in netta ascesa, che temeva la mazzata: “Ringraziamenti sinceri al governo italiano per l’azione convinta e determinata a sostegno della limitazione dei dazi sui farmaci a non oltre il 15%, come tetto massimo sulle esportazioni verso gli Usa, che includerà quanto previsto dall’indagine in corso negli Stati Uniti sul settore”. E ancora: “Per la farmaceutica è urgente una politica che contribuisca a mantenere la leadership globale delle nostre imprese attraverso misure urgenti a tutela della proprietà intellettuale incredibilmente penalizzata dalle proposte di revisione della legislazione Ue. E con la correzione di altri provvedimenti che rischiano di mettere fuori gioco il settore in Europa, imponendo costi altissimi sulle aziende, come nel caso della direttiva sulle acque reflue”. Oltre a Farmindustria, s’è unita al coro di sollievo anche Egualia, l’organizzazione delle aziende produttrici di farmaci equivalenti e biosimilari: “Seppur ancora in attesa di ulteriori chiarimenti da parte della Commissione Europea, posso dire che si tratta di una decisione importante e lungimirante – ha commentato Stefano Collatina, presidente di Egualia – che sancisce in maniera chiara il valore strategico per la salute pubblica dei farmaci generici, non soltanto come leva di sostenibilità per i sistemi sanitari, ma soprattutto come strumento di garanzia del diritto alla salute dei cittadini. L’esclusione dai dazi è un segnale concreto che tutela l’accesso tempestivo ed equo alle terapie, evita ostacoli artificiali lungo le catene globali di fornitura e rafforza la resilienza sanitaria internazionale. Per questo ringrazio il Governo italiano e l’Unione Europea per l’impegno fin da subito profuso in tal senso”.

Delusione agroalimentare

La delusione, però, serpeggia nell’agroalimentare e resiste anche il giorno dopo i dazi. Legacoop ha snocciolato i numeri: “Da inizio anno si sono registrati forti cali della domanda di vino negli Usa: -8,7% in volume e -8,5% in fatturato. I dazi e il clima di incertezza si ripercuotono negativamente anche sugli stessi consumatori americani”, ha spiegato il presidente Cristian Maretti: “La percentuale del 15% non può che vederci insoddisfatti. L’atteggiamento che l’alleato storico come gli Stati Uniti d’America ha tenuto in questa trattativa con la Ue non è compatibile con i sentimenti di amicizia che hanno contraddistinto gli 80 anni del secondo dopoguerra”. E ancora: “Il tema dei dazi non è solo un questione contabile, e deve essere soprattutto tenuto conto del deprezzamento del dollaro negli ultimi mesi, aspetti che hanno creato incertezza e quindi problemi seri per le nostre esportazioni”. Non ditelo a Lagarde e soci che, invece, sognano l’euro forte.

In America tra tassi e scandali alla Fed

E mentre in Italia ci si divide, nel giorno dopo i dazi, in America si pensa a tutt’altro. A Jackson Hole, alla conferenza dei banchieri Fed, il governatore Jerome Powell ha tenuto un discorso insolitamente “dovish”. Ha, al solito, ribadito che ogni decisione sarà assunta tenendo conto dei dati. Ha sottolineato che i rischi per l’inflazione, dall’applicazione dei dazi, restano alti. Ma non ha chiuso all’ipotesi di un taglio ai tassi di interesse. E Wall Street s’è subito esaltata e ha aperto i lavori sfiorando un aumento del 2% centrando, pronti via, un più che lusinghiero +1,94 per cento. Gli analisti sono scatenati. Da mesi. C’è addirittura chi immagina che la Fed possa decidere di abbattere di 50 punti base gli attuali tassi di interesse. Forse troppo, così tutto in una volta magari a settembre. Però che si sia presa una strada in discesa sembra, ormai, fuori da ogni dubbio. Il dramma, però, rimane nello scontro tra Powell e Trump. Che, da “tecnico”, s’è fatto ormai politico. Da tempo. Uno scenario complicato dal caso Lisa Cook, membro del board Fed e fedelissima di Powell, di cui il presidente ha chiesto le dimissioni: “Altrimenti la licenzierò io”. Cook è stata accusata dal banchiere William Pulte di aver falsificato i registri per ottenere un mutuo a condizioni migliori. Se lasciasse il board, Trump la sostituirebbe con un nome a lui vicino equilibrando a tre su sette i “suoi” nel consiglio della Fed.


Torna alle notizie in home