Esteri

Trump di nuovo arrestato e convocato in tribunale

di Martina Melli -


Martedì 13 giugno, per la seconda volta in meno di tre mesi, Donald Trump è stato arrestato e chiamato in giudizio. L’ex Presidente si è consegnato alle autorità del tribunale degli Stati Uniti Wilkie D Ferguson Jr a Miami, in Florida, sotto il peso di 37 accuse federali legate alla sua presunta conservazione illegale di informazioni riservate sulla difesa nazionale degli Stati Uniti. L’ennesimo procedimento penale che si aggiunge al curriculum di un ex presidente in corsa per le primarie presidenziali repubblicane del prossimo anno.

Trump ha rivelato per primo l’accusa in una serie di post sulla sua piattaforma Truth Social l’8 giugno scorso. I 37 capi di imputazione contro di lui, oltre alla conservazione illegale di materiale top-secret, includono anche: cospirazione per ostacolare la giustizia, occultamento di un documento o di un verbale, occultamento di un documento in un’indagine federale, schema per occultare e false dichiarazioni e rappresentazioni. Ogni accusa comporta una pena massima che va da 5 a 20 anni; una potenziale condanna potrebbe dunque significare decenni di carcere.

Già all’inizio di aprile Trump era comparso davanti al tribunale di Manhattan per affrontare le accuse penali a seguito dell’indagine del procuratore distrettuale Alvin Bragg, sui pagamenti segreti che hanno portato alle elezioni presidenziali del 2016. Come era successo in quel caso, anche a Miami non gli sono state scattate foto segnaletiche (The Donald è piuttosto riconoscibile) e non lo hanno ammanettato. Dopo circa 45 minuti in cui si è dichiarato “non colpevole” e “un uomo innocente”, l’ex presidente è tornato nella sua casa di Bedminster, nel New Jersey, dove ha tenuto il solito discorso sulle persecuzioni politiche di cui è vittima. “Questa è un’interferenza elettorale e l’ennesimo capitolo della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi” ha urlato. Nel discorso, ha dichiarato (per la prima volta) che le scatole di documenti scoperte in suo possesso contenevano dei vestiti. “La risposta, oltre ad avere tutti i diritti ai sensi del Presidential Records Act, è che queste scatole contenevano tutti i tipi di effetti personali: molte, molte cose, magliette e scarpe, tutto”. L’indagine sui documenti classificati è iniziata all’inizio dello scorso anno, dopo che i funzionari della National Archives and Records Administration (NARA) hanno scoperto più di 100 fascicoli classificati contenuti in alcuni box all’interno della residenza di Trump a Palm Beach, in Florida.

Kel McClanahan, avvocato per la sicurezza nazionale e professore di diritto alla George Washington University, ha affermato che le prove nell’accusa hanno lo scopo di dimostrare che Trump “è un boss che ha consapevolmente infranto la legge, messo in pericolo la sicurezza nazionale, la sicurezza delle armi nucleari e messo in pericolo la sicurezza nazionale di altri Paesi”. Nonostante la maggior parte degli esperti legali che commentano il caso siano d’accordo sulla portata del pericolo legale in cui si trova l’ex presidente, è molto poco probabile che verrà effettivamente incarcerato. Innanzitutto, ha osservato McClanahan, la sentenza della condanna dipenderà dal giudice, che sembra essere Aileen Cannon, nominata da Trump stesso presso il tribunale distrettuale del distretto meridionale della Florida. Poi, ha sottolineato il professore: “Come fanno le autorità a imprigionare qualcuno che ha un dettaglio dei servizi segreti, che conosce segreti di sicurezza nazionale, e che se qualcuno gli punta un coltello al collo, potrebbe facilmente rivelare la posizione delle nostre basi missilistiche?!”. Ha inoltre aggiunto che, se Trump venisse imprigionato,  potrebbe diventare una “miniera d’oro dell’intelligence straniera per la maggior parte dei Paesi sulla terra”. Secondo McClanahan, è assai più probabile che The Donald verrà condannato agli arresti domiciliari con un monitor alla caviglia.


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