Che paradosso contrapporre giustizia e sicurezza
“I giudici annullano i tentativi di difendere la sicurezza in Italia”: la dura replica della premier Meloni alla decisione della Corte d’Appello di Torino di liberare l’imam Shahin – destinatario di un decreto di espulsione di Piantedosi – riaccende uno scontro ormai strutturale tra politica e magistratura. La Meloni intercetta un sentimento diffuso nell’opinione pubblica: come conciliare la tutela dei diritti con l’esigenza di prevenire rischi concreti, soprattutto in un contesto internazionale segnato da terrorismo e radicalizzazioni? È una questione legittima, che chiama in causa la responsabilità dell’esecutivo nel garantire l’ordine pubblico. Allo stesso tempo, però, la risposta non può prescindere dal rispetto dello Stato di diritto. I giudici hanno motivato la loro decisione sulla base degli atti e delle prove disponibili. Tuttavia sembra proprio che agiscano puntualmente per intralciare il governo. Il nodo vero infatti resta la capacità dello Stato di agire in modo efficace e coordinato: norme chiare e strumenti adeguati. È paradossale contrapporre giustizia e sicurezza.
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