Economia

Ecco come sarà la Fininvest di Marina e Piersilvio

di Giovanni Vasso -

Marina BERLUSCONI PIER SILVIO PIERSILVIO BERLUSCONI


“Più che l’imprenditore, mi manca papà”. Con l’apertura del testamento di Silvio Berlusconi, si apre una fase nuova. Completamente inedita. Che schiude nuovi scenari alle aziende controllate da Fininvest. Innanzitutto a Mediaset, il gioiello di casa. Piersilvio Berlusconi lo sa. E, alla presentazione dei nuovi palinsesti, dice quello che tutti, a Cologno Monzese, s’aspettavano di sentire prima o poi: “Mio padre è Mediaset, noi dobbiamo tutto a lui. Non dirò ma funzionerà meglio senza mio papà. Detto questo, è ovvio che delle barriere strumentali, come quelle poste in Germania e anche in Italia, sono cadute. Quello che ho sempre chiamato il conflitto d’interessi al contrario non c’è più”. La guerra è finita. E, per confermare che l’obiettivo di mantenere la pace è la priorità per la famiglia Berlusconi, Piersilvio rivela che, nonostante i pettegolezzi e le voci, di scendere in politica, come fece suo padre, non se ne parla proprio. Almeno per ora.

Ieri, all’apertura del testamento a Milano, sono emersi gli assetti e gli equilibri di casa Fininvest. Secondo quanto ha riportato l’Ansa, il Cav ha deciso, nel documento olografo che risale al 2006, di lasciare la disponibile in parti uguali ai figli Marina e Pier Silvio. E di affidare “tutto il resto” in parti uguali “ai miei cinque figli, Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi”. Non una scelta banale. Nessuno ha il controllo diretto e “solitario” di nulla. Marina e Pier Silvio, figli avuti dal primo matrimonio con Carla Dall’Oglio, controlleranno il 53% di Fininvest: ciascuno di loro due avrà il 26,54% del capitale sociale. I tre fratelli Barbara, Eleonora e Luigi, figli del Cav e di Veronica Lario, avranno il 47%. La scelta è dettata dalla necessità, intravista da Silvio Berlusconi, di garantire continuità alla holding di famiglia. Ma, da oggi, nulla sarà come prima. O meglio. I Berlusconi non saranno più quelli che abbiamo imparato a conoscere.

Ciò accadrà perché i suoi figli non faranno politica. E puntano a disimpegnare la famiglia dalle esposizioni. Marina, per ora, ha garantito che i figli del presidente per eccellenza della politica italiana continueranno a mantenere Forza Italia, almeno fino alle europee in programma il prossimo anno. Intanto, però, tutti gli indizi tradiscono quello che sarà il nuovo corso di Fininvest. Un’avvisaglia c’era stata con Mondadori, gestita proprio dalla primogenita del Cav. Il gruppo editoriale ha ritrovato il segno più in bilancio quando ha deciso di dismettere le partecipazioni detenute in Società Europea di Edizioni, editrice del quotidiano Il Giornale, alla Pbf riferibile alla famiglia Angelucci. Il segnale era chiaro: ai Berlusconi, poter contare su una testata “propria” anche a scapito dei conti aziendali, non interessava più. Un trend, peraltro, che aveva già interessato, negli anni, i settimanali ex Mondadori, a cominciare da Panorama (ceduto poi a Belpietro). La conferma è arrivata dal destino che toccherà al Monza. Il club brianzolo, costato a Fininvest perdite per quasi 66 milioni, sarà ceduto. Piersilvio, come ha dichiarato in una recentissima intervista, ama lo sport. Ma il gioco, se la partita non è elettorale, non vale evidentemente la spesa. Per Adriano Galliani, fido nostromo delle avventure pallonare del Cav, è pronta la exit strategy del ritorno in Parlamento.

Il centro del mondo Berlusconi è, ovviamente, Mediaset. Che si prepara a un’autentica rivoluzione copernicana. A cominciare dai palinsesti. Le reti si preparano a disinvestire dal pop per aumentare, in maniera decisiva e importante, i contenuti legati all’informazione di qualità. Paradigmatica, a proposito, la scelta di Piersilvio: via Barbara d’Urso, ecco Myrta Merlino. Un cambiamento epocale. La partita più importante, però, è quella del futuro. E non si gioca solo in Italia, ma in Europa. Il 2030, termine ultimo per il digitale terrestre, è sempre più vicino. E Cologno Monzese deve farsi trovare pronta all’appuntamento. L’obiettivo è fare di Mediaset-Mfe un broadcaster di dimensioni europee, capace di competere su scala continentale e globale. È il futuro della tv che passa per forme nuove. E per opportunità nuove che adesso si aprono. In Italia, certo. Se è fuori discussione una “fusione” con Rcs di Urbano Cairo (“Ce li mangeremmo” ha affermato Piersilvio stroncando ogni rumors) iniziano a circolare, sempre più insistenti, le voci di un asse ritrovato con Tim e Vivendi, in nome della sfida tecnologica, prima di tutto, del futuro digitale. Certo. È difficile e bisognerà studiare bene equilibri e obiettivi. Ma si aprono scenari interessanti anche in Germania dove l’acquisizione di Prosebien si è trasformata in una trincea che ha costretto Mediaset, che puntava a correre, a incespicare.  “Il conflitto d’interessi al contrario non c’è più”. Con l’apertura del testamento del Cav, si è ufficialmente chiusa un’epoca. Per sempre.


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