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ESCLUSIVO Mascherine pulite – Le intercettazioni. “Fai arrivare la merce, ho i canali di sdoganamento diretto”

Gianluca Pini: “Novità? Ne posso piazzare 5 milioni, ma il prezzo è da folli”

John Pesci: “Dimmi che prezzo devi avere. Sto negoziando con 2 canali. Oggi ricevute 100k dalla Cina. 500k sto aspettando quotazione per il via aerea. Possono essere pronte fine settimana. Purtroppo è un seller market e non un buyer. Le fabbriche sono piene e molte non possono esportare”.

Gianluca Pini: “Perché non posso esportare? Non hanno la licenza? Io qui posso attivare i canali di sdoganamento diretti comunque”. 

Il 15 marzo 2020, in piena emergenza pandemia, l’ex parlamentare leghista Gianluca Pini era alla ricerca frenetica delle mascherine da fornire alla Ausl della Romagna, presso la quale stava stipulando il contratto per un maxi appalto per la fornitura di dpi, finito nel mirino degli inquirenti nell’inchiesta di Forlì, che hanno ravvisato i reati di truffa aggravata ai danni dell’ente pubblico sanitario romagnolo e l’uso di atto falso, perché, secondo le indagini, Pini avrebbe presentato documenti falsi per ottenere l’appalto delle mascherine, che arrivavano prive di certificazione o con certificazione contraffatta. Dispositivi di protezione individuali non conformi, che il leghista avrebbe fatto entrare comunque in Italia grazie allo scambio di favori con il numero uno delle Dogane, Marcello Minenna, con il quale il leghista avrebbe stipulato “un pactum sceleris” che garantiva a Pini lo sdoganamento delle mascherine bloccate alle dogane di tutta Italia e a Minenna l’accreditamento presso il partito di Matteo Salvini al fine di essere riconfermato a capo dell’Agenzia, dove era stato nominato dal governo Conte. Pini il 15 marzo chattando con Jonh Pesci, un italiano residente nella Repubblica Popolare Cinese, lo dice a chiare lettere: l’importante è trovare le mascherine, poi ci avrebbe pensato lui a farle arrivare in Italia. “Il prezzo è giornaliero, come la borsa“, sottolineava Pesci.