Foto rubate, leggi assenti: il voyeurismo digitale dilaga
Si parla da giorni di foto rubate e condivise, senza il consenso delle dirette interessate, per poi essere ripostate con tanto di commenti volgari e sessisti su gruppi Facebook, chat Telegram, siti e forum vari che però – ed è questo il punto – sono online da anni e che riguardano migliaia di donne, famose o meno.
La chiusura della piattaforma Phica.eu e del gruppo Facebook “Mia Moglie”, nel quale addirittura le foto osé venivano scattate e pubblicate da mariti o compagni, non è una vittoria, ma l’ennesima prova dell’impotenza delle istituzioni. Foto prese da profili social personali e decontestualizzate, corpi femminili trasformati in merce di scambio: attrici, giornaliste, politiche e studentesse – la stessa premier Giorgia Meloni – esposte al medesimo voyeurismo digitale. Ebbene, chiusi questi, ne apriranno altri.
Foto rubate: non basta indignarsi
Perché? Perché in Italia e in Europa non esiste ancora una legislazione chiara, incisiva, con pene certe e immediate per chi alimenta questi spazi. Le piattaforme scaricano le responsabilità, le autorità arrancano, le vittime restano senza strumenti. Non basta indignarsi: serve una norma europea che equipari queste pratiche a veri reati, con rimozioni lampo e condanne esemplari. Senza leggi continueremo a inseguire fantasmi digitali mentre le donne restano “nude” – è il caso di dirlo – e indifese davanti a un pubblico maschile che chiama “comunità”, termine utilizzato nel caso di Phica.eu, quello che è solo abuso organizzato.
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