Politica

Giustizia, finalmente qualcosa si muove. Nordio: la separazione si farà

di Rita Cavallaro -


La giustizia cambia, nel solco di quel garantismo che spetta a un Paese civile. La riforma Nordio muove così i suoi primi passi, dopo il sì del Senato che ha dato il via libera al ddl che prevede l’abolizione dell’abuso d’ufficio, il depotenziamento del traffico di influenze, i limiti alla pubblicazione delle intercettazioni, maggiori tutele per l’informazione di garanzia, con l’interrogatorio preventivo dell’indagato, e l’introduzione di un collegio di tre gip per decidere sulla richiesta di custodia in carcere. Il nuovo volto della giustizia, comunque, è solo il primo step di una serie di cambiamenti radicali ai quali il Guardasigilli Carlo Nordio sta lavorando. Tra tutti la separazione delle carriere, sulla quale proprio ieri il ministro è tornato a dibattere. “La separazione delle carriere è nei nostri programmi, è un vincolo nei confronti dell’elettorato e va fatta”, ha assicurato, “ma esige una riforma costituzionale. L’iter è lungo, la scelta politica è stata quella di dare la precedenza al premierato. La separazione delle carriere interverrà in un momento successivo, entro la fine della legislatura: il governo e la maggioranza hanno tutti i requisiti per restare altri quattro anni”. Nordio, a SkyTg24, ha poi aggiunto che “entro il 2026 raggiungeremo il pieno organico della magistratura, cosa mai avvenuta negli ultimi 50 anni”, spiegando che ai 250 magistrati previsti dall’introduzione della collegialità del giudice della cautela si aggiungeranno “i 1.300 per i quali stiamo già provvedendo per i concorsi in atto”. Sull’abuso d’ufficio, la cui abolizione aveva suscitato le ire dei giustizialisti, il titolare del dicastero di via Arenula ha precisato come le condanne per questo reato “in quanto tale sono davvero molto poche. La montagna ha partorito il topolino. Su mille processi istruiti solo per questo tipo di reato, le condanne saranno quattro o cinque. Senza contare che si tratta di condanne sospese, nessuno è in carcere”. Per il Guardasigilli “il danno che questo reato ha fatto è quello dell’iscrizione nel registro degli indagati e della diffusione che viene data della notizia attraverso la stampa. Il che ha delegittimato pubblici amministratori e compromesso carriere politiche, facendo dell’indagato un’anatra zoppa”. Nordio ha inoltre aggiunto come la misura non sia di bandiera, ma condivisa perfino dalla sinistra. “Anche il 90 per cento dei sindaci del Pd”, ha spiegato, “è a favore della cancellazione e l’altro 10 per cento è venuto in processione a dirmi che è a favore ma non può dirlo”. La paura della firma è dunque più diffusa di quanto si pensi, soprattutto alla luce delle inchieste che hanno travolto politici e funzionari, poi finiti in un nulla di fatto. Le ingiuste detenzioni, comunque, riguardano migliaia di provvedimenti, motivo per il quale diventa fondamentale il collegio dei tre gip per le misure cautelari. “Bisogna vedere quante persone entrano ingiustamente in carcere e vengono poi rimesse in libertà dal tribunale del Riesame”, ha detto il ministro, snocciolando i dati. “Nel 2022”, ha precisato Nordio, “su 12mila provvedimenti cautelari impugnati, 1.200 sono stati annullati, quindi il 10 per cento è finito in carcere mentre avrebbe dovuto restare libero, e 1.940, quasi il 20 per cento, ha avuto il provvedimento modificato, cioè dal carcere sono passati agli arresti domiciliari. Il che significa che in un anno 3mila persone sono state incarcerate da un gip e scarcerate da un giudice carcerario. Perché intervenire dopo, quando il gip ha sbagliato? Devolviamo subito l’ordinanza di custodia cautelare a tre giudici che invece di intervenire dopo intervengono subito e avremo 3.500 carcerati in meno”. Sulle intercettazioni, il Guardasigilli ha precisato che “il sequestro di un semplice telefonino non è più il sequestro di una conversazione, ma è l’intromissione nella vita del sequestrato e di tutti quelli che hanno avuto rapporti con lui”. E infine il riferimento sul caso di Ilaria Salis, spiegando che i familiari “purtroppo hanno perso un anno: se avessero chiesto da subito gli arresti domiciliari in Ungheria, tutto questo forse non sarebbe accaduto”. Conclude Nordio: “Una volta cessata la detenzione carceraria, allora può scattare la norma di accordo internazionale secondo cui si può chiedere che i domiciliari vengano scontati in Italia”.


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