Esteri

Il fantasma. Ecco chi c’è dietro l’attacco di Hamas

di Ernesto Ferrante -


Gaza è a un passo dall’orlo del baratro. Il “Diluvio al-Aqsa” di Hamas si è abbattuto su Israele. La mente dell’attacco senza precedenti è Mohammad Deif, capo invisibile delle Brigate Ezzedin al-Qassam, che nel 2014 perse la moglie e il figlioletto di sette mesi in un raid israeliano.

“Abbiamo avvisato più volte il nemico sionista, ha spiegato Deif, ma abbiamo sempre avuto dei rifiuti”, ha dichiarato Deif o Mohammed al-Masri, come alcuni sostengono si chiami realmente. La rivendicazione è stata preceduta da un massiccio dispiegamento di razzi, almeno 5mila, seguito da messaggi di giubilo trasmessi dagli altoparlanti delle moschee, e dall’incursione di uomini armati a Sderot.

Il leader di Hamas, Ismail Haniye, ha definito la pioggia di fuoco una “battaglia per la dignità” di fronte ai “crimini” dello Stato ebraico. “Per tutto questo, ha aggiunto, stiamo combattendo una battaglia per l’onore, la resistenza e la dignità e per difendere al-Aqsa sotto il nome annunciato dal nostro comandante in campo: un’alluvione iniziata a Gaza che si estenderà alla Cisgiordania e oltre, dove il nostro popolo e la nostra nazione sono presenti”.

In un breve discorso alla nazione, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha informato il popolo di un’imminente mobilitazione, anticipando l’escalation: “Cittadini di Israele, siamo in guerra e vinceremo. Il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto prima”.

“Hamas ha commesso un errore grave e ha iniziato una guerra contro lo Stato di Israele. I soldati delle Idf stanno combattendo contro il nemico in tutti i punti in cui si è infiltrato. Lo Stato di Israele vincerà questa guerra”. Si è espresso così il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant.

Le forze israeliane (Idf) hanno dato avvio all’operazione “Iron Swords”. Il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi su entrambi i fronti.

Il gruppo armato palestinese ha fatto sapere di aver rapito 35 israeliani, tra civili e militari. Per l’esperto israeliano Yossi Melman, “Hamas chiederà un accordo senza precedenti sullo scambio di prigionieri. Ha corpi, ostaggi e prigionieri, e chiederà il rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi”.

Il conflitto in corso rischia di estendersi. Hezbollah ha parlato di “risposta decisa all’occupazione continua di Israele e un messaggio a chi cerca la normalizzazione con Israele”. Il movimento sciita libanese ha fatto sapere di monitorare attentamente la situazione a Gaza e di essere “in contatto diretto con la leadership della resistenza palestinese”, dicendosi pronto “ad intervenire se necessario”. Secondo il Jerusalem Post, i miliziani libanesi sarebbero già entrati in azione, “avvicinandosi al confine nord a bordo di motociclette”.

Quanto sta accadendo può essere una pietra tombale sul processo di normalizzazione in corso tra Israele e l’Arabia Saudita, con conseguenze nell’intera regione. “Ci congratuliamo con i combattenti palestinesi”. Queste le parole del consigliere per gli Affari militari della Guida Suprema dell’Iran, il maggiore generale Yahya Rahim Safavi. Poi un avvertimento: “Staremo al fianco dei combattenti palestinesi fino alla liberazione della Palestina e di Gerusalemme”, ha proseguito il consigliere di Ali Khamenei.

L’organizzazione paramilitare islamista ha concesso all’esercito israeliano due ore per evacuare la città di Ashkelon. Un’ambulanza della Mezzaluna Rossa palestinese è stata presa di mira da un raid aereo israeliano all’esterno dell’ospedale Nasser di Khan Younis.

“Le azioni intraprese oggi dal popolo palestinese sono il risultato prevedibile di decenni di oppressione sistematica a cui è stato sottoposto da parte delle autorità di occupazione sioniste, che ignorano costantemente il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite”, ha tuonato il portavoce del governo iracheno Basem al-Awadi.

Il portavoce ha chiesto alla comunità internazionale di “intraprendere azioni decisive per ripristinare i diritti legittimi del popolo palestinese, che continua a soffrire a causa dell’occupazione, delle politiche di discriminazione razziale, dei blocchi, della profanazione dei luoghi santi e delle violazioni dei valori umanitari”.

Sulla stessa scia il Qatar. Il Ministero degli Affari Esteri qatariota, si legge in una nota, “ritiene Israele l’unico responsabile dell’escalation in corso, a causa delle continue violazioni dei diritti del popolo palestinese, l’ultima delle quali sono le ripetute incursioni nella benedetta Moschea di Al-Aqsa sotto la protezione della polizia israeliana”.

Doha ribadisce “la ferma posizione dello Stato del Qatar sulla giustizia della questione palestinese e sui diritti legittimi del fraterno popolo palestinese nonché sulla creazione del suo Stato indipendente sui confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale”.

 

 


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