Cinema

Il problema dei 3 corpi: fisica, alieni, realtà virtuale e la Cina di Mao

di Martina Melli -


Lo scorso 21 marzo è uscito su Netflix l’adattamento del più difficile dei tomi di fantascienza, Il problema dei tre corpi di Liu Cixin (il primo di una trilogia chiamata Remembrance of Earth’s Past). Una serie firmata da David Benioff e D. B. Weiss – i due creatori del Trono di Spade – che sono riusciti, anche in questo caso, a rendere incredibilmente cinematografica una complessa saga letteraria. La serie è ambientata metà in Cina, metà nel Regno Unito e metà nel multiverso di un videogame stranissimo che gira intorno alla coincidenza di tre soli e alla fine delle civiltà, in una chiara metafora del riscaldamento globale e dell’autocombustione a cui va incontro il nostro pianeta. Nel corso di otto densissimi episodi, un gruppo di giovani fisici di spicco, legati dai tempi dell’università, si trova a fronteggiare inspiegabili suicidi, una remota minaccia aliena e a cercare di decifrare una serie di enigmi che corrono indietro fino al periodo della rivoluzione culturale cinese. Quello che inizia come un giallo poliziesco – con le indagini dall’investigatore dell’intelligence Clarence Da Shi (Benedict Wong) – si trasforma in una guerra dei mondi. All’inizio non è chiaro cosa vogliano gli alieni e cosa potrebbero fare per ottenerlo, ma come intuisce Clarence, “Di solito quando un popolo con una tecnologia più avanzata incontra un altro popolo con una tecnologia più primitiva, non va a finire bene per i primitivi”.
La trama è vertiginosa, la costruzione dei vari livelli coinvolgente e il budget galattico ben speso. Prendiamo ad esempio le scene di realtà virtuale, attraverso le quali 3 corpi rivela gradualmente la posta in gioco e le motivazioni ultraterrestri. Ogni personaggio che indossa il visore si ritrova nella versione altra di un antico regno – la Cina per Jin, l’Inghilterra per Jack – che viene sfidato a salvare dai ripetuti cataclismi causati dalla presenza di tre soli (da cui il titolo della serie). Impossibile non notare in 3 corpi una certa vena di tecno-ottimismo, anche nei suoi momenti più cupi: la convinzione che l’universo fisico sia, in fondo, sempre comprensibile e sensato. Gli abitanti dell’universo invece, sono un altro paio di maniche. Accanto alla corsa per salvare l’umanità, c’è la questione se ne valga o meno la pena: un gruppo di simpatizzanti alieni, guidati da un ambientalista miliardario (Jonathan Pryce), ritiene che la Terra trarrebbe beneficio da un intervento cosmico e si mobilita in tal senso. La cifra è quella delle produzioni inglesi degli ultimi anni: dark, composta, vagamente soprannaturale, angosciante in modo sottile e pervasivo. Da quel capolavoro di Black Mirror a Dietro i suoi occhi, a La caduta della casa degli Usher a Un inganno di troppo fino alle varie The Haunting of Hill House e Bly Manor. Non so isolare una matrice, ma tutte le serie tv britanniche hanno uno stile riconoscibilissimo, a prescindere da successo e credibilità. Il problema dei 3 corpi è solo quella più ambiziosa di tutte.


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