Il sì combinato con minacce e catene salvata a Rimini
Arrestati i genitori
“Ma chi ti credi di essere? Non sei una principessa, sei una prostituta, è per questo che non vuoi sposarti”. Era questa una delle frasi, dura come una condanna, che i genitori di 55 e 42 anni le ripetevano per convincerla ad accettare un matrimonio combinato con un uomo molto più vecchio, scelto dalla famiglia. Lei, vent’anni, di origine bangladese ma nata e cresciuta a Rimini, quel destino lo aveva rifiutato sin da bambina. Ma i genitori per assecondare il loro piano non hanno esitato a segregarla in casa, picchiarla e drogarla. A dicembre 2024, con la scusa di andare a trovare la nonna malata, la giovane era stata portata in Bangladesh. Una trappola: i documenti le vennero sottratti subito, le carte bloccate. Da quel momento iniziava l’incubo. Minacce, violenze psicologiche, segregazione domestica. Il padre arrivava a suggerire ai parenti: “Incatenatela al letto, spezzatele gambe e braccia”. Lei resistette, ma venne drogata con calmanti e sonniferi, e costretta ad assumere farmaci per “preparare” una gravidanza, quindi era stata obbligata a rapporti sessuali contro la sua volontà. Il matrimonio forzato, con un connazionale di famiglia facoltosa, si era celebrato il 17 dicembre. Per quattro mesi la ragazza aveva vissuta reclusa in casa, sorvegliata a vista. Poi, con coraggio e pazienza, era riuscita a contattare un consultorio di Rimini e, con uno stratagemma, a convincere i genitori a riportarla in Italia. Ad aprile, atterrata a Bologna, trovava ad attenderla i carabinieri del nucleo investigativo di Rimini: la giovane venne immediatamente portata in una località protetta e affidata a una rete di strutture di sostegno per donne vittime di violenza. Le indagini partite a febbraio hanno documentato nel dettaglio le condotte dei genitori, arrestati ieri e collocati ai domiciliari in esecuzione di una misura cautelare emessa dal gip di Rimini. Il provvedimento è stato possibile grazie alla richiesta della Procura, accolta dal ministero della Giustizia, in considerazione della gravità dei fatti commessi anche all’estero. I due coniugi, rintracciati nella loro abitazione, restano a disposizione del sostituto procuratore, Davide Ercolani, che ha coordinato l’inchiesta e del Gip Raffaele Deflorio. Il caso ricorda quello di Saman Abbas (nella foto), la 18enne pakistana scomparsa a Novellara il 30 aprile 2021 dopo aver rifiutato un matrimonio imposto dalla famiglia. Un rifiuto pagato con la vita: il suo corpo, nascosto tra i campi, venne ritrovato mesi dopo. Per quell’omicidio sono stati condannati all’ergastolo i genitori e due cugini. La vicenda della giovane di Rimini ha avuto un esito diverso, ma riporta alla ribalta un fenomeno che non è emergenza occasionale bensì questione radicata: i matrimoni forzati, che colpiscono soprattutto giovani donne appartenenti a comunità straniere residenti in Italia. Secondo i dati delle associazioni, decine di casi vengono segnalati ogni anno, ma molti altri rimangono sommersi per paura o per il peso del ricatto familiare. La salvezza della ventenne è stata resa possibile dalla sua determinazione e dalla rete di protezione messa in campo: consultori, centri antiviolenza, magistratura e carabinieri hanno agito in sinergia. Una storia che diventa testimonianza di resistenza e di libertà conquistata.
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