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Intervista a Lella Golfo, Presidente della Fondazione Marisa Bellisario”. Questione femminile e binomio giovani-politica le priorità”

di Marco Montini -


Lella Golfo è Commendatore e Cavaliere della Repubblica, fondatrice e attuale Presidente della Fondazione Marisa Bellisario. Molti la ricordano come Deputata eletta tra le file del Pdl nel 2008, ed il suo nome è legato alla Legge 120/2011, di cui fu prima firmataria, che ha introdotto nel nostro paese le quote di genere nei CdA e nei collegi sindacali delle società quotate e controllate dalle Pubbliche Amministrazioni.

Dottoressa Golfo, partiamo dalle origini del suo impegno civile. Nel 1982 costituisce l’Associazione culturale “Buongiorno Primavera” e inizia la sua marcia ufficiale di attivismo culturale. Cosa le è rimasto di quegli anni?

“L’entusiasmo, la fede a volte ingenua, la gioia ma anche la fatica degli inizi. Buongiorno Primavera fu una mia grande intuizione, un sogno diventato realtà, che già nel nome evocava un desiderio di rinascita. E così fu: uno straordinario network femminile, che poi ho voluto fortemente proseguire con la Fondazione Bellisario. Fu anche una palestra, da cui ho imparato tanto. A non scoraggiarmi davanti alle porte sbattute in faccia, allo scetticismo, alle parole amare di chi non credeva in quel progetto.

A riboccarmi le maniche per trovare i fondi necessari per dar seguito alle tantissime idee che avevamo. Fu una stagione bella ed elettrizzante in cui ho capito che la forza delle idee la vince su tutto, che la determinazione è alla base di ogni sfida ambiziosa. E poi, il grande successo delle centinaia di iniziative portate avanti mi convinse che era la direzione giusta: la parità non poteva più attendere, bisognava agire con concretezza e pragmatismo. Un’iniziativa tra tutte che porto ancora nel cuore fu la presentazione del libro di Goliarda Sapienza “L’università di Rebibbia” quando ancora la scrittrice oggi osannata veniva tenuta ai margini”.

Oggi è presidente della fondazione Marisa Bellisario. Questa realtà è punto di riferimento sia per le donne che hanno già dimostrato “sul campo” le proprie capacità, sia per coloro che si affacciano nel mondo del lavoro?

“Assolutamente sì e ne sono molto orgogliosa! Abbiamo festeggiato i nostri primi 35 anni al cospetto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il prossimo giugno taglieremo il nastro di 38 edizioni del Premio Marisa Bellisario. Siamo un unicum nel panorama dell’associazionismo femminile italiano e non solo. Se mi interrogo sulla ricetta di questo successo e longevità credo di essere riuscita a coniugare idealismo e pragmatismo: la nostra era una mission che 40 anni fa in pochi prendevano sul serio ma siamo riuscite a tenere la barra dritta, a dimostrare nei fatti che la parità non è una questione di genere ma di crescita, progresso e sostenibilità.

Poi abbiamo seguito, spesso anticipandole, tutte le grandi svolte della società italiana. Mai ferme, con tanto e duro lavoro, siamo riuscite a creare una lobby del merito in cui ogni intelligenza e competenza femminile trova spazio e ruolo. Il confronto di idee ed esperienze, la commistione di competenze diverse è quella forza che ci ha fatto raggiungere grandi traguardi. Oggi c’è un gran dibattito sui “femminismi”, alcuni autoreferenziali, altri di lotta dura e pura. Ecco, forse a farci diventare un punto di riferimento è la serietà e credibilità con cui abbiamo attraversato tempi, sfide, correnti mantenendoci sempre fedeli a noi stesse e ai nostri obiettivi. Con un approccio sempre costruttivo.

Scendere in piazza, manifestare è sacrosanto e utile ma poi bisogna anche portare le donne nei luoghi dove le decisioni vengono prese, lavorare con le istituzioni per risolvere le problematiche più importanti, il lavoro in primis. Penso alla legge sulle quote di genere che mi onoro di aver pensato e portato all’approvazione: uno strumento concreto che ha rivoluzionato il sistema economico ma anche la cultura e la politica italiane. Oggi si parla di quote, anche a sproposito, ma quando più di dodici anni fa io portai il tema in Parlamento mi trovai di fronte a un plotone d’esecuzione! Ecco, anche così si diventa un punto di riferimento!”

A proposito dell’esperienza in Parlamento, cosa le rimane dell’impegno politico?

“L’impegno politico sarà sempre una parte fondamentale della mia vita e del mio essere. Nel mio primo libro “Ad alta Quota. Storia di una donna libera” racconto di aver mangiato pane e politica da sempre, a diciott’anni ero già nei campi a difendere i diritti delle gelsominiane e delle raccoglitrici di olive della mia Calabria, poi la grande avventura socialista, le innumerevoli campagne elettorali. La politica è un amore che non rinnegherò mai e quell’esperienza mi ha confermato che straordinaria occasione di cambiamento e crescita possa rappresentare. Ecco, un mio grande augurio, una speranza che non abbandono è che i giovani possano ritrovare quella passione sana, possano rinnamorarsi della politica come strumento per portare avanti la propria idea di mondo. Riavvicinarli dovrebbe essere la sfida più importante per tutti i partiti”.

Parliamo di parità di genere e diritti delle donne. Ci dica la verità: come è messo il nostro paese?

“Nonostante uno dei trend più positivi degli ultimi decenni, l’Italia resta fanalino di coda in Europa per occupazione femminile: oltre 12 punti dalla media europea, quasi 18 dall’occupazione maschile. Una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio, una su due dopo il secondo e il 49% di quelle che restano al lavoro è costretta a ripiegare in un impego part time. Aggiungiamo il divario retributivo che arriva al 20% e la segregazione orizzontale per cui la metà dell’occupazione femminile si concentra in sole 21 professioni, che non sono quelle professioni del futuro: le laureate in materia STEM non arrivano al 20% e così le professioniste che lavorano nel digitale.

Così la forbice è destinata ad allargarsi, l’esclusione femminile a diventare permanente. Il governo ha fin qui dimostrato di aver chiaro come la “questione femminile”, e lo metto tra virgolette, rappresenti non una priorità ma la priorità. Dall’aumento del 50% dell’assegno unico per il primo anno di vita del neonato all’incremento del bonus nido, dal potenziamento dei congedi parentali alla decontribuzione per le mamme lavoratrici fino al successo della certificazione per la parità di genere – oltre 7mila aziende certificate a fronte di un obiettivo iniziale di 800 entro il 2026 – fino alle importanti iniziative legislative contro la violenza.

La verità però è che né le sole leggi né la sola azione, seppur decisa, delle istituzioni può fare quel che serve: una rivoluzione copernicana, che veda il contributo di tutti: mondo economico e del lavoro, scuola e media, società civile e opinione pubblica. Si tratta di scardinare un impianto culturale secolare intriso di stereotipi e pregiudizi, di accompagnare un cambiamento inevitabile e necessario. Non c’è più tempo e non c’è alternativa”.


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