Ipocrisia in campo: “Italia Israele si può giocare”
Italia-Israele? “Per noi si può giocare”. Così il Viminale ha risposto in merito al match della nazionale che il prossimo 14 ottobre a Udine – almeno, per ora la partita è in programma – scenderà in campo per le qualificazioni ai Mondiali 2026.
Italia Israele, Gattuso in conferenza stampa: “Giocare è il nostro lavoro”
Parole forti, dal ministero, che arrivano poco dopo quelle del Ct della nazionale Gennaro Gattuso, che in conferenza stampa si è limitato ad un semplice: “Israele è nel nostro girone, dobbiamo giocare la partita. Purtroppo c’è una guerra in atto e questo fa male – ha continuato il ct azzurro – Sono un uomo di pace, mi auguro che la pace ci sia in tutto il mondo, fa male al cuore vedere civili e bambini che lasciano la vita; dopo però facciamo un altro mestiere, il presidente Gravina si sta dando da fare per trovare soluzioni per riuscire a fare la gara a Udine con Israele in modo perfetto”.
Parole comprensibili, ma che suonano inevitabilmente stonate. Perché si può pure “parlare in campo”, come invoca il nuovo ct, ma non si può fingere che fuori dal campo non ci sia una guerra e un genocidio che devastano civili. Il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, ha avuto il coraggio di dirlo chiaramente: giocare adesso sarebbe inopportuno, non solo per ragioni motivi di ordine pubblico, ma anche per ragioni etiche. “Di fronte a un dramma che non ha eguali negli ultimi ottant’anni, davanti a tanta sofferenza io dico: fermiamoci” ha dichiarato il primo cittadino.
Italia-Israele: non solo etica ma anche ordine pubblico
E dal punto di vista (anche) organizzativo, non è difficile immaginare che, a un mese e mezzo dall’appuntamento, le tensioni possano tradursi in proteste, manifestazioni, scontri. Lo rimarca De Toni: “Udine è in grado di fare la sua parte in termini di sicurezza, ma onestamete siamo preoccupati”. Lo scorso anno, in occasione di Italia-Israele per la Nations League, le piazze friulane si erano già scaldate: cosa che potrebbe accadere di nuovo e in maniera più gravosa per la gestione del territorio.
Anche perché, negli ultimi giorni, sono state raccolte ventimila firme con la petizione “Stop the game”, per non far giocare la partita “incriminata”. Non ha di certo aiutato il Viminale, che ha liquidato la questione con un laconico “per noi la partita si può giocare regolarmente”. Burocrazia fredda, come se fosse sufficiente appellarsi alle competenze formali e di gestione dell’ordine pubblico per neutralizzare il peso politico e morale della decisione.
Eppure, il calcio non è un universo parallelo: è spettacolo, certo, ma è anche rappresentazione simbolica. E vedere la Nazionale italiana schierata contro Israele, in questo momento, rischia di trasformarsi in una miccia accesa. Agire come se nulla fosse, o anche solo sminuire la questione fingendo di voler guardare “solo allo sport” è mera ipocrisia. Perché lo sport, e in questo caso il calcio, non vive nel vuoto: ma è anche politica, consenso ed espressione dell’opinione pubblica. E non si può rimanere indifferenti.
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