Esteri

Iran-Israele, leader in azione per evitare l’escalation

di Ernesto Ferrante -


Spegnere il fuoco acceso per salvaguardare interessi politici, economici, elettorali e geo-strategici. Presidenze e cancellerie si muovono per limitare le conseguenze del “coreografico” e preannunciato attacco iraniano, condotto come rappresaglia per i raid aerei israeliani sul consolato di Teheran a Damasco. La leadership iraniana ha colpito Israele per ribadire la sua immagine di potenza regionale, agendo dal proprio territorio e spendendo complessivamente circa 70 milioni di dollari tra i 170 droni Shahed, 120 missili balistici Khaibar e 36 missili da crociera Paveh utilizzati.

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno condiviso con gli Stati Uniti informazioni di intelligence utili a Tel Aviv per contrastare il raid. Il Wall Street Journal ha scritto che due giorni prima di procedere, l’Iran aveva informato dei propri piani diversi Paesi del Golfo.

“I Paesi occidentali dovrebbero tener conto del fatto che le azioni dell’Iran sono legittime e apprezzare la moderazione dimostrata per la pace e la sicurezza nella regione”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Naser Kanani citato dall’agenzia di stampa Mehr. “Invece di accusare l’Iran, ha aggiunto Kanani, dovrebbero chiedere conto di ciò che è stato fatto di fronte a sette mesi di genocidio e per non aver adempiuto al loro dovere legale e morale nei confronti della Palestina”.

Il portavoce ha poi criticato il “comportamento irresponsabile” degli Usa in Medio Oriente, spiegando che la loro posizione ha portato la Repubblica islamica dell’Iran a “intraprendere un’azione di dissuasione” che è “in linea con la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale”.

“L’attacco limitato dell’Iran contro Israele di sabato sera mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà sicuramente affrontare una risposta molto forte”, ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, in un colloquio telefonico con l’omologo russo Sergei Lavrov.

Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che non parteciperanno a una ritorsione israeliana. Joe Biden ha optato per il basso profilo per non alimentare la tensione. Secondo Politico, i consiglieri della Casa Bianca hanno valutato l’idea di un discorso del presidente alla nazione, ma poi è prevalsa la linea della cautela. Il portavoce per la politica estera e sicurezza, John Kirby, ha ribadito che Biden non considera inevitabile una risposta israeliana e che ha manifestato chiaramente a Benjamin Netanyahu la sua contrarietà ad un conflitto più ampio. Una mossa, questa, che mette in grande difficoltà proprio quest’ultimo. Dopo aver deliberatamente colpito una zona franca, scatenando la reazione della controparte, su Netanyahu grava tutto il peso del prossimo passo. Da Parigi a Roma, passando per Berlino, il messaggio più ricorrente è “calma e gesso”, anche se lo Stato ebraico è intenzionato a non ascoltare nessuno, ancora una volta. Al termine della riunione del gabinetto di guerra, stando a Channel 12, è stato deciso “di rispondere all’Iran” e “l’Aeronautica ha completato i preparativi per l’attacco”.

Il presidente francese Emmanuel Macron, intervistato da Bfmtv, ha affermato che “la Francia farà di tutto per evitare una escalation in Medio Oriente” e cercherà di “convincere Israele a non rispondere”.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha invitato le autorità israeliane a “contribuire alla de-escalation”. Il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, a margine della sua visita a Vinitaly, ha riferito di altre telefonate in programma “con attori regionali mediorientali”.

Sotto traccia si sta muovendo anche Pechino, il più grande partner commerciale dell’Iran negli ultimi dieci anni. La Cina è preoccupata per le ricadute di un confronto militare più ampio sui suoi investimenti nell’area. Il ritorno alla calma è vantaggioso per tutti.


Torna alle notizie in home