Economia

Tassi da legare, Lagarde e il rialzo che farà male

di Giovanni Vasso -

CHRISTINE LAGARDE IN VIDEOCONFERENZA PER LE RIUNIONI ANNUALI DEL FMI


Lasciate ogni speranza. Da falchi ad avvoltoi è un attimo. Quello che è sufficiente, a Christine Lagarde, per promettere che, anche a luglio, la Bce alzerà, ancora una volta, i tassi di interesse. A Sintra, in Portogallo, la governatrice della Banca centrale europea dirada gli ultimi dubbi, dissipa le ultime speranze. E dà la colpa alla rapacità delle imprese, senza nominare quali né il loro campo d’affari, se l’inflazione in Europa ancora non scende. Perché persino Lagarde lo riconosce: la lotta ai rincari non sta sortendo gli effetti sperati. E, molto poco conseguenzialmente, la Bce prosegue lungo la strada dei tassi alti che sta causando non pochi contraccolpi all’economia europea.
Le parole di Christine Lagarde sono quelle che non ammettono repliche. “Il nostro lavoro non è finito. Continueremo ad aumentare i tassi a luglio”. Una doccia fredda per l’Europa e per l’Italia in particolare. Corroborata da una nota che è tutt’altro che a margine: “Nel Consiglio direttivo della Bce, siamo stati chiari sul fatto che due elementi della nostra posizione politica saranno fondamentali: dovremo portare i tassi a livelli sufficientemente restrittivi e mantenerli lì per tutto il tempo necessario”. E ancora: “È improbabile che nel prossimo futuro la banca centrale sia in grado di dichiarare con assoluta certezza che il livello massimo dei tassi sia stato raggiunto: le decisioni della nostra politica monetaria devono essere infatti definite di volta in volta a ogni riunione e continuare a essere guidate dai dati”. La corsa durerà ancora per molto tempo, la stretta ancora di più. L’economia rischia grosso.
“L’inflazione nell’area euro è troppo alta ed è destinata a rimanere tale per troppo tempo”, ha poi aggiunto dal palco del Forum nazionale dei banchieri centrali, “la natura della sfida dell’inflazione sta cambiando”. Che sta succedendo? Lo spiega lei stessa, dal suo angolo di visuale. “Stiamo assistendo a un calo del tasso di inflazione man mano che gli choc che originariamente l’avevano fatto salire diminuiscono e le nostre azioni di politica monetaria vengono trasmesse all’economia”. Insomma, i prezzi scendono perché scende il costo dell’energia che, un anno fa, aveva fatto esplodere l’inflazione. Poi, anche per i tassi sempre più alti che diminuiscono il denaro in circolazione: “Ma questi choc continuano a trasmettersi rendendo più lento il calo dell’inflazione e più persistente il processo inflazionistico”.
Secondo Christine Lagarde è tutta colpa delle imprese. Della loro voracità e della loro voglia di fare profitti a ogni costo. Però, come insegna Manzoni, il coraggio chi non ce l’ha non è che se lo può dare, la governatrice della Bce spara nel mucchio, rimanendo sul vago, sull’accademico, senza fare nemmeno il nome di una sola impresa “famelica” e senza nemmeno specificare quali aziende, di quale settore, si siano rese protagoniste di questa spericolata corsa all’extraprofitto. In passato, secondo Lagarde, “la tendenza delle imprese era stata quella di assorbire l’aumento dei costi nei margini di profitto, dal momento che una crescita più lenta rendeva i consumatori meno disposti a tollerare aumenti dei prezzi. Ma le condizioni speciali che abbiamo vissuto l’anno scorso hanno ribaltato lo scenario”. Pertanto, ha aggiunto la governatrice della Bce, i profitti delle imprese “hanno contribuito per circa due terzi all’inflazione interna nel 2022, mentre nei vent’anni precedenti il loro contributo medio era stato di circa un terzo”.
Ma le imprese che hanno contribuito a creare la crisi, ora dovranno intervenire per lenirne gli effetti. Cioè, spiega Lagarde, dovranno, dopo aver incassato gli utili, ridistribuirli sottoforma di salari. Lagarde: “Anche se attualmente non vediamo una spirale salari-prezzi o un disancoraggio delle aspettative, più a lungo l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo, maggiori diventano tali rischi. Ciò significa che dobbiamo riportare l’inflazione al nostro obiettivo a medio termine del 2 per cento in modo tempestivo. Ma perché ciò accada, dobbiamo garantire che le imprese assorbano l’aumento del costo del lavoro nei loro margini”.
Ma le imprese non sono tutte uguali. E non tutte hanno “approfittato” della crisi per lucrarci sopra. La sentenza di Lagarde riapre e rende ancora più scottanti i dossier al centro delle agende politiche ed economiche di tutti gli Stati membri dell’Ue. A partire dalle retribuzioni, passando per il congelamento del credito, e per finire ai titoli di Stato. Il cui peso, adesso, diventa gravoso. Per Paesi come l’Italia, già indebitati di loro, la situazione se possibile è anche potenzialmente peggiore. E se neanche gli Stati riescono più a finanziarsi (più o meno) agevolmente, il pericolo è grande. E riguarda davvero tutti.


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