Attualità

Frontiere colabrodo: crolla la filiera del grano per l’invasione da Russia, Turchia a Canada

di Angelo Vitale -


Un quadro allarmante, che fotografa la peggiore produzione degli ultimi 10 anni della filiera del grano: sul banco degli imputati, nonostante i ripetuti annunci di tutela del grano Made in Italy e di controlli alle frontiere, specie nei porti, la concorrenza dei mercati stranieri e la siccità, di più nei campi del Centro-Sud, finora forziere per quasi la totalità del grano italiano.

La produzione di grano duro scenderà quest’anno sotto i 3,5 milioni di tonnellate (rischiando di essere ricordata come la più bassa degli ultimi 10 anni) per effetto della riduzione delle superfici coltivate, causata dalla concorrenza sleale di prodotto straniero, e della siccità che ha colpito le regioni del Sud Italia. Questa, la prima stima a un mese dal via alla trebbiatura diffusa da Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia.

Dimuniscono le superfici coltivate. Si sono ridotte per il grano duro dell’11% rispetto all’anno precedente, scendendo sotto gli 1,2 milioni di ettari – affermano Coldiretti e Cai – con punte del 17% nelle aree del Centro Sud, da dove viene circa il 90% del raccolto nazionale.

Lo strapotere incontrollato dei mercati esteri. E’ principalmente l’effetto del crollo dei prezzi causato proprio al momento delle semine dall’invasione di prodotto straniero. Nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione mai registrata nella storia del nostro Paese, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga. Un vero e proprio fiume di prodotto che, aggiunto a quello di grano canadese, arrivato a superare il miliardo di chili, si è tramutato in una forte mazzata per i prezzi del grano nazionale. Si tratta peraltro, come nel caso del Canada, di cereale trattato in pre raccolta con il glifosato, una modalità vietata nel nostro Paese. Alla concorrenza straniera – affermano Coldiretti e Cai – si sono aggiunti gli effetti del clima, con la siccità che ha ridotto la produzione di grano duro in Puglia con cali tra il 20 e il 30%, mentre in alcune aree della Sicilia si arriva addirittura al -70%.

Poca cosa, il leggero aumento (+1,4%) per le superfici coltivate a grano tenero, che si attestano poco sopra i 600mila ettari, per una produzione stimata di circa 3 milioni di tonnellate. Calo dell’8% dei terreni coltivati a orzo, secondo Coldiretti e Cai.  

Una azione di contrasto, i contratti di filiera. Per Cai i contratti di filiera rappresentano 12 diverse produzioni, di cui 4 relative al frumento, promosse e sviluppate nell’ottica della valorizzazione della produzione italiana. Sul totale dei prodotti ritirati da Consorzi Agrari d’Italia il solo frumento rappresenta oltre il 50% del volume ed è quindi il primo prodotto. Si tratta di circa 400mila tonnellate di grano, quantità che identifica indubbiamente Cai come il primo player sul mercato nazionale per questa produzione. Il 25% di questo frumento rientra proprio all’interno di contratti di filiera: un buon segnale ma non abbastanza per le ambizioni di Cai che mira ad estendere questa quota a vantaggio di agricoltori e qualità del prodotto.

“Negli ultimi due anni – spiega Gianluca Lelli, – ad di Cai – , questa strategia ha pagato e nonostante il calo delle produzioni su scala nazionale, Cai registra un +2% sul totale del volume ritirato, con un incremento dovuto proprio all’aumento delle filiere del Grano duro Senatore Cappelli. Segno di un buon lavoro sulle filiere autoctone, valorizzando il lavoro dell’agricoltore e delle produzioni nazionali..  Proprio grazie agli accordi di Filiera, Cai riesce a garantire un premio all’agricoltore che può arrivare – sul grano duro – anche all’8% in più rispetto al prezzo di mercato”.

La seconda iniziativa, i future sul grano. “L’agricoltore – racconta Lelli -, è uno dei pochi imprenditori che quando inizia la sua produzione non sa quale sarà il prezzo del suo prodotto sul mercato. Cai prova a scardinare questa logica – un unicum in Italia – stabilendo a priori quale sarà il prezzo del ritiro del prodotto a fine campagna e garantendo quindi all’agricoltore un prezzo di vendita su cui può tarare le proprie aspettative ed i propri investimenti anche con 2 anni di anticipo e con un minimo garantito”. Con variazioni significative da annata ad annata in funzione dell’apprezzamento dei future, Cai è stata in grado di raggiungere picchi di adesione fino al 30% del ritirato totale di grano in alcune aree del Paese: un indicatore che lo strumento ha del potenziale e che va diffuso e promosso.

L’asset della ricerca. “Dai campi prova – conclude Lelli – è emersa una possibile risposta al problema della produzione di grano duro: come abbiamo visto, la siccità nel Sud Italia ha minacciato le quantità prodotte al punto che si stima una perdita di produzione del 20% rispetto alla media. Ebbene proprio in questi giorni abbiamo avuto un riscontro positivo: la varietà studiata da Sis e denominata Superbo – che verrà lanciata a partire dalla prossima stagione – si è dimostrata particolarmente resistente agli stress idrici rispondendo così ad una delle maggiori criticità dovute al cambiamento climatico”.


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