Attualità

La Fao cinese e la strana idea del “cibo per tutti”

di Michele Gelardi -


Non mi dichiaro colpevole di complottismo, ma di “consonantismo” sì. Osservo infatti consonanze a prima vista strane, ma in verità ben comprensibili. Per esempio, l’Unione europea ha trovato un compagno di strada nella mission di salvataggio dell’umanità, che più “consonante” non si può. La Fao oggi abbraccia la dottrina europea della PAC, da decenni finalizzata a ridurre le superfici coltivate e la produzione agricola, ben illustrata da Antonino Sala nel suo ultimo lavoro (“Schegge di libera critica”): “si è deciso di offrire contributi a fondo perduto per qualsiasi cosa purché si abbandonasse l’onesta attività del contadino; da quelli per la non semina del grano … a quelli per l’espianto dei vigneti … a quelli contro l’allevamento”. Oggi, in perfetta consonanza, si fa sentire la voce della FAO, espressa per bocca cinese.

Il direttore generale, Qu Dongyu, ex funzionario del Partito Comunista Cinese, promette di risolvere il problema della fame nel mondo, in virtù del medesimo paradosso dell’Unione sovietica europea. Ha scoperto l’uovo di Colombo: “cibo per tutti” con minore produzione. Ci ricorda Cetto La Qualunque, che prometteva “pilu pi tutti” senza fatica. Purtroppo, a differenza di Cetto, Qu Dongyu è costretto a chiedere qualche rinuncia: gli abitanti del pianeta devono rinunciare ai peccati di gola; e tuttavia la contropartita è immensa, molto più grande del pelo. Il beneficiario non deve insistere a mangiare come ha sempre fatto, deve riconvertirsi al cibo “sostenibile” (insetti, carne sintetica); ne trarranno giovamento anima e corpo; e per di più avrà il merito inestimabile di contribuire alla salvezza del pianeta.

Beninteso la sua rinuncia non è affidata al suo arbitrio; ci mancherebbe. Da un ex funzionario del PCC non si può pretendere pure l’ossequio alla volontà del beneficiario; se il pianificatore spende tante energie per fare del bene, che il beneficiario stia almeno zitto. Dunque la FAO, sotto la sapiente guida di Qu Dongyu, “raccomanda” energicamente ai governi di tutto il mondo di restringere la produzione di carne e latticini, cosicché i governati siano costretti al cibo sostenibile e il pianeta possa infine salvarsi. Ovviamente, le prime ad allinearsi sono le nostre regioni “rosse”. Rimane da chiedersi se tali consonanze transoceaniche siano casuali o finalizzate. Oggi si è reso necessario ricorrere al nuovo mantra, da recitare secondo le formule liturgiche della confraternita di FAO, UE, IPCC, ONU, WEF: incombe la catastrofe climatica; è colpa dell’uomo; dobbiamo ridurre le emissioni di Co2; non dobbiamo consumare carne e latticini.

Come l’ultima formula (consumo di carne) si leghi alla prima (catastrofe) non si capisce. Ma in verità nemmeno la prima è dimostrata: l’emergenza climatica è un atto di fede; il global warming è un assunto apodittico; basta pensare che i ghiacciai dei due poli non hanno voluto seguire le indicazioni di Al Gore e non si sono sciolti. Che poi l’indimostrato global warming, piuttosto che dal sistema solare, dipenda dai governi riuniti in COP, costituisce un ulteriore salto logico “superfunambolico”. E allora come spiegare le consonanze, prive di base logica e scientifica? Semplice: l’ideologia non ha bisogno di logica.

È sufficiente la confusa miscela buonista delle sinistre dem mondiali. Le dottrine socialcomuniste e i deliri ecoambientalisti tendono all’unisono al dirigismo e alla pianificazione universale, in vista della stessa meta utopica; dunque si attraggono vicendevolmente. E non mancano ascendenze culturali più remote, ravvisabili nello gnosticismo. Sul versante degli interessi, si può osservare che le tante “transizioni”, dirette a salvare il pianeta, hanno salvato finora i bilanci del celeste impero e delle aziende “transitate”. Rilevo le consonanze ideali e trascuro le cointeressenze, perché non voglio percorrere la strada del complottismo.


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