La giornata della libertà secondo Report
Il 9 novembre è stata la festa della libertà e della democrazia che celebra la caduta del muro di Berlino avvenuta pacificamente nel 1989 a seguito del crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica, guidata allora sapientemente da Michail Gorbaciov.
Fu l’alba di una nuova Europa e anche la riunificazione della Germania, che tanto spaventò un vecchio leader come Giulio Andreotti che dichiarò di amare tanto la Germania da volerne due, ma che tuttavia non ha dato vita ad un mostro bensì ad una grande nazione europea simbolo di libertà e sviluppo.
Ricordo quel giorno tra le immagini dei ragazzi dell’est che coronavano il loro sogno di scavalcare la cortina di ferro senza venir uccisi dalla Stasi, la terrificante polizia politica della Germania comunista dell’est e quelle sognanti del film di Wim Wenders, il Cielo sopra Berlino, il profetico e poetico capolavoro del regista di Dusseldorf. Una giornata indimenticabile e una pacifica, colossale svolta nella storia d’Europa, ma cosa si può trovare in una trasmissione della tv di stato italiana? Sigfrido Ranucci che spolvera una vecchia foto di Chiara Colosimo che scherzava, quasi bambina, 10 anni fa, con una statua del duce. Non che io sia Wim Wenders, tutt’altro!
Ma un po’ di stile in più ce lo potevamo aspettare anche da Report. A parere di chi scrive, la giornata della libertà è la giornata della fine delle ideologie e dei muri, del comunismo, del fascismo e di ogni totalitarismo, con i colossali massacri che queste sciagure hanno causato per tutto il ventesimo secolo e che ora rischiano di tornare per mano della Russia nazionalista e comunista di Putin, che quel 9 novembre era a Berlino e non poteva sparare sulla folla esultante perché, finalmente, sotto gli occhi delle telecamere di mezzo mondo. Ma allora perché, nel 2025, in un’Italia pacifica e democratica si deve sempre aizzare l’odio ideologico, perché la cultura di sinistra non trova argomenti nuovi e si lascia alle spalle gli orrori del passato di guerra e della scia di violenza politica che ci siamo trascinati fino agli anni ’90 e che sono culminati con il sequestro e l’omicidio di uno statista di livello mondiale come Aldo Moro, colpevole solo di moderazione e dialogo, di fronte ad una sinistra terrorista e rivoluzionaria, marxista e leninista?
Perché non si parla del modo di convincere Putin a rinunciare al suo progetto revanscista di ricostruzione di quel mostro del comunismo che è stato l’Unione Sovietica e di una sorta di nuova internazionale con sponde anche in Venezuela, ma soprattutto in Cina ed in Corea del Nord? Perché non si dice che questa prospettiva costituisce un piano inclinato che ci fa scivolare inesorabilmente verso la guerra, ovunque se ne manifesti un pretesto?
La verità è che la sinistra ha bisogno dell’odio perché non è uscita dalla stagione della lotta di classe con un disegno credibile e nuovo, con un’alternativa all’architettura conservatrice e liberale della destra italiana, modellata sul governo comunitario delle patrie e dei patrioti, dei territori e delle persone. La verità è che la sinistra è prigioniera dell’odio perché non ha leader come Giorgia Meloni o come Chiara Colosimo. E allora, nell’attesa? L’inutile strumentalizzazione di ogni immagine e di ogni parola in attesa di una svolta che senza un pensiero politico non avverrà mai.
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