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La trappola dell’anima, il pericolo sette religiose

Controllo mentale, sfruttamento economico e talvolta spirale di violenza. Un fenomeno sociale in aumento

di Marina Cismondi -


La trappola dell’anima, il pericolo sette religiose

La riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, fra le tante ipotesi che si stanno accavallando nei vari programmi televisivi e sui social, ha portato in evidenza anche i numerosi suicidi, soprattutto fra giovani, che sono avvenuti a Garlasco, forse legati ad appartenenze a gruppi pseudo religiosi. Che sia una pista reale o che invece venga abbandonata dagli inquirenti, il problema delle cosiddette “sette” è in continua espansione, non più legato a sporadici casi di cronaca nera.

La chiamano “crescita interiore”, “ricerca spirituale”, “scuola per l’anima”, ma dietro a parole rassicuranti si può a volte nascondere un mondo fatto di controllo mentale, di sfruttamento psicologico ed economico e talvolta anche di violenza. Secondo il Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici), in Italia esistono oltre 500 gruppi che operano con modalità settarie, per un totale stimato di 2 milioni di persone coinvolte, tra membri diretti e familiari, un numero impressionante. Non si tratta di un fenomeno marginale: riguarda ogni classe sociale, ogni fascia d’età e ogni parte del nostro paese.

La galassia delle sette è eterogenea. Le cosiddette “psicosette“, che promettono benessere psicologico, successo personale e crescita interiore, rappresentano il 40 per cento del totale, secondo dati raccolti dal Codacons. Altre si fondano su una fusione di dottrine e credenze religiose diverse, orientate al culto della personalità di un leader. Ci sono poi i gruppi esoterici, pseudo-religiosi e le derive spiritistiche e sataniche.
La dinamica ricorrente è quella del carisma autoritario: un “maestro”, “guru” o “illuminato” che accentra potere, esercita controllo ed impone obbedienza. L’adesione è progressiva, ma presto gli adepti si trovano a vivere completamente allontanati ed isolati dai propri affetti, dipendenti emotivamente, psicologicamente ed economicamente dal gruppo.

Mentre fino a qualche anno fa il reclutamento di nuovi adepti si basava sul contatto diretto, sul passaparola e su volantini affissi nei luoghi di maggior passaggio, ultimamente il fenomeno si è spostato online, con possibilità infinitamente più facilitate di nuovi contatti. Sempre più gruppi utilizzano social media, piattaforme video e app di messaggistica per attirare adepti: corsi online di meditazione, masterclass su “equilibrio e guarigione” o “potenziamento energetico” sono spesso il primo contatto che, sotto una patina spirituale o scientifica, spesso cela dinamiche settarie.
Il meccanismo è quasi sempre lo stesso: adescamento graduale, costruzione di dipendenza emotiva, richiesta di obbedienza cieca e sacrifici economici o personali. In certi casi, si arriva anche ad abusi fisici e sessuali.

Chiunque può essere un potenziale adepto. Persone in momenti di fragilità, in fasi della vita segnate da lutti, separazioni o crisi familiari, da stati di depressione, da perdita del lavoro o problemi economici. Alcuni si avvicinano ai gruppi settari spinti da interesse per la crescita personale, spiritualità alternativa o esoterismo, bisogno di appartenenza ed accettazione.

La fascia d’età tra i 18 ed i 35 anni è considerata la più vulnerabile perché in cerca di identità, si trova spesso lontana da casa o dalla famiglia ed è più esposta a contenuti digitali e canali non filtrati (eventi virtuali, social, chat). Contrariamente a quello che si potrebbe credere, molti adepti sono laureati, insegnanti, medici, avvocati e persone con carriera avviata ma in crisi interiore. Intelligenza e cultura non sono garanzia di protezione: chiunque, in uno stato emotivamente fragile, può cadere nella rete.
In Italia non esiste un reato specifico per la manipolazione mentale. Il reato di “plagio” è stato abolito nel 1981 dalla Corte Costituzionale per eccessiva indeterminatezza, lasciando un vuoto legislativo mai colmato.

Oggi, l’intervento delle forze dell’ordine è possibile solo in presenza di reati concreti: truffa, violenza, utilizzo di stupefacenti, sequestro di persona, abusi sessuali. Dal 2006 opera una Squadra Antisette della Polizia di Stato, che ha gestito centinaia di casi, quasi sempre su denuncia di familiari che vedono dilapidati i loro beni, non riescono più ad avere alcun contatto con l’adepto o lo vedono progressivamente deperire fisicamente e psicologicamente. Ma senza un riconoscimento giuridico della manipolazione psicologica, molte situazioni restano impunite: se un maggiorenne dichiara di donare alla setta tutti i suoi beni di sua spontanea volontà, diventa impossibile ogni azione giudiziaria.

Uscire da una setta non è semplice, i fuoriusciti raccontano traumi profondi, sensi di colpa, isolamento sociale. Mancano strutture pubbliche di supporto e le associazioni che si occupano di reinserimento – come Favis, Cesap o Comunità Papa Giovanni XXIII – operano con fondi limitati. Esperti e associazioni chiedono l’introduzione di un reato specifico di manipolazione coercitiva (sul modello francese o inglese), l’istituzione di un Osservatorio Nazionale, campagne di prevenzione rivolte soprattutto ai giovani, sostegno psicologico e legale per le vittime.

Va preso atto che il mondo delle sette è una realtà strutturata e pervasiva, che agisce al margine della legalità e approfitta della vulnerabilità individuale. E nei tempi attuali, tra incombenti scenari di guerra, difficoltà economiche, ampliamento della possibilità di adescamento on line, non è difficile prevedere che si moltiplicheranno le persone che decideranno di entrare in una setta. E da lì non sempre si riesce ad uscire.


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