Politica

PRIMA PAGINA – La variante di Giorgia e la strategia di Salvini

di Adolfo Spezzaferro -


Lo scoglio della Sardegna e la quadra sulle Regionali, il centrodestra è animato da una partita a scacchi tra la leader di FdI Giorga Meloni e il leader della Lega Matteo Salvini (con il leader di Forza Italia Antonio Tajani che resta a guardare, perché in posizione minoritaria). I numeri sono cambiati, è il mantra che si sente ripetere nella coalizione di maggioranza. Ma le Regionali sono elezioni amministrative, dove la presenza sul territorio fa la differenza. La partita dunque è tra FdI col vento in poppa su base nazionale e la Lega ancora radicata al Nord. Così, mentre Palazzo Chigi si affretta a precisare in una nota che ieri i leader del centrodestra non si sono incontrati per fare il punto sulle regionali, è ovvio che Meloni, Salvini e Tajani è proprio di questo che hanno parlato. Anche e soprattutto alla luce dei recenti attriti sul fronte della Sardegna. Se pubblicamente Salvini difende il governatore uscente Christian Solinas (che è pure indagato), la partita è su cosa il leader della Lega può ottenere in cambio di un passo indietro in favore del candidato di FdI, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu.
I numeri sono cambiati – leggi che pure al Nord FdI insidia le roccaforti leghiste – ma nessuno vuole strappi perché nessuno vuole correre da solo. A maggior ragione che in Sardegna, per esempio, il centrosinistra potrebbe trovare l’unità attorno al nome della 5 Stelle Alessandra Todde, sostenuta anche dal Pd e per la quale continua il lavoro per convincere Renato Soru a ritirarsi. Quindi se da un lato Edoardo Rixi, molto vicino al leader del Carroccio, sostiene che “gli elettori non capirebbero il cambiamento di candidato”, Salvini molto probabilmente è intenzionato ad accettare Truzzu al posto di Solinas per riaprire così tutti i tavoli delle prossime regionali: Piemonte, Basilicata e Abruzzo, visto che alla Lega, senza la Sardegna, mancherebbe il candidato (come da manuale Cencelli). Per il successore del governatore uscente della Basilicata Vito Bardi, ex generale della Guardia di finanza e candidato nel 2019 in quota Forza Italia, a quanto pare Salvini punterebbe su Pasquale Pepe, ex senatore della Lega non rieletto, attuale sindaco di Tolve, e coordinatore regionale. Dal canto suo, Forza Italia ha sempre confermato la fiducia a Bardi, il quale però, grazie alla sua esperienza, potrebbe essere riposizionato in qualche incarico di governo. Forte di questo, il segretario del Carroccio insisterà sulla scelta di Pepe. A ben vedere, la strategia di Salvini è quella di dare maggiori responsabilità e visibilità anche ad altri esponenti leghisti. Ciò vale anche per le Europee: chiederà ai parlamentari più in vista di candidarsi.
Sulle Europee, se Salvini ha confermato che non si candiderà (vorrebbe il generale Vannacci, come ha detto apertamente), Tajani ha dichiarato: “Non ho preso alcuna decisione. Prima c’è il congresso di Forza Italia, il 23 e il 24 febbraio. Non sono certo preoccupato per le preferenze: ho già fatto il capolista alle Europee. La mia perplessità sulla corsa, piuttosto, è sul fatto che toglierei tempo alla mia attività di governo”. Come è noto, invece, la premier Meloni potrebbe candidarsi come capolista di FdI in tutte le circoscrizioni (sfruttando l’allineamento dei pianeti di renziana memoria premier-leader del primo partito).
L’altro fronte caldo è quello del terzo mandato per i governatori. Anche qui la Lega punta a trovare l’accordo, forte del fatto che la sua proposta potrebbe piacere anche a chi, come il Pd, ha De Luca in Campania e Emiliano in Puglia, che non disdegnerebbero un terzo giro. La proposta, a firma di Alberto Stefani, segretario della Liga veneta e presidente della commissione bicamerale per il federalismo fiscale, modifica la legge del 2004 che fissava a due il numero massimo di mandati consecutivi per i presidenti di Regione “al fine di valorizzare il lavoro svolto dai governatori – si legge – e lasciare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente da chi essere rappresentati”. Come Luca Zaia in Veneto, per fare un esempio.


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