Editoriale

L’altra faccia del premierato

di Tommaso Cerno -


L’altra faccia del premierato. Nell’Italia che ha paura del premierato, sotto sotto sarebbe molto comodo anche a Elly Schlein. Non certo per prendersi in mano il Paese, di questo parleremo fra qualche anno, ma se ci fosse uno schema bipolare, simile a quello che ha animato la seconda Repubblica quando i leader indiscussi delle due coalizioni erano Silvio Berlusconi e Romano Prodi, Elly avrebbe un’autostrada, di quelle belle larghe, per affermare la sua leadership di opposizione grazie alle elezioni europee.

Perché in un Paese abituato a scegliere tra lei e l’altra, in questo strano caso in cui l’Italia maschilista ha dato davvero in mano i due partiti principali della destra e della sinistra a due donne, entrambe capaci, verrebbe naturale a quella parte di Italia, e non è poi così ristretta, che non vuole la destra al governo scegliere il Partito Democratico come simbolo di alternativa, non guardando tanto alle sue contraddizioni, alla storia degli ultimi dieci anni, quando in pratica era sempre al governo e oggi lamenta che non siano state fatte in Italia le cose che lui stesso non ha fatto per un decennio, ma perché rappresenta in maniera tattica l’alternativa culturale alla destra post berlusconiana.

Basterebbe dire insomma votate per Elly se non volete Giorgia. Ma la questione non è così semplice perché il PD vuole conservare un sistema politico in cui il premier non lo decidono gli italiani, per cui di fatto nella prossima campagna elettorale finirà per fare un favore a Giuseppe Conte. Il quale ha come unico compito non certo sconfiggere Fratelli d’Italia, ma prendere più voti del PD. E per farlo userà proprio il no che si è alzato dai custodi della Costituzione, gli stessi che con Renzi al governo cercarono di cambiarla, e che vogliono il pluralismo, la molteplicità delle idee politiche, la decisione del premier immediata con i partiti. In pratica dicono che bisogna scegliere non tra destra e sinistra, ma tra Conte e Schlein.

E così la partita si fa molto divertente. Perché avremo le due donne leader che saranno in competizione eterna, fingendo che fuori da loro nulla esista. E dall’altra parte avremo invece i due leader secondari, Salvini e Conte, che faranno di tutto per emergere, per porsi al centro dello scacchiere elettorale, sparando molto più sui loro alleati che non sui loro avversari.

Io non lo so se la Costituzione nel tutelare gli equilibri istituzionali avrebbe voluto questo. Ma mi rendo conto che questa sarà la nostra campagna elettorale. E che alla fine emergerà un risultato che ci dirà due cose. Ci dirà se Giorgia Meloni è titolata a guidare ancora il Paese perché ha mantenuto un consenso ampio, capace di essere stabile in Parlamento, pur con qualche aggiustamento nei rapporti tra partito politico principale e gli altri. E ci dirà chi sarà il capo dell’opposizione, quella unitaria che finora non c’è stata, capace di mettere insieme sotto un unico nome le istanze di chi vuole cacciare la destra da Palazzo Chigi. Il problema sarà accettarlo. Perché altrimenti nel nome della Costituzione che garantisce gli equilibri finiremo per avere una post Repubblica dove la vera guerra non si fa contro l’avversario ma contro il potenziale alleato. E se da liberale penso che troppo potere a una persona non interpreta il dettato dei costituenti, penso anche che questa soluzione laterale possa perfino essere peggiore della prima. Questa è appunto l’altra faccia del premierato.


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