Politica

L’autunno dell’Autonomia: la ricetta di Sabino Cassese

di Ivano Tolettini -

SABINO CASSESE


Che la riforma dell’autonomia non sia un pranzo di gala è risaputo: gli esperti nominati dal ministro Calderoli, e guidati dal prof. Sabino Cassese, invitano alla prudenza. Al centro del dibattito le 19 materie che dovranno riservare analoghi servizi ai cittadini tramite il bilanciamento dei Lep sull’intero territorio nazionale. In particolare, come abbiamo approfondito in questi giorni, il nodo gordiano sono proprio i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che sono il misuratore della sostenibilità di servizi omogenei nel Paese.

Autonomia: la ricetta di Sabino Cassese

In base ai calcoli degli esperti soltanto 5 materie delle 27 che potranno essere devolute alle regioni sarebbero subito decentrate. Esiste poi il tema cruciale della scuola perché, per adesso, pare ci sia una chiusura di una parte degli esperti, ritenendo che manchino adeguate garanzie per evitare che l’istruzione scolastica diventi un arlecchino nazionale. Molte sono le variabili in gioco – dall’edilizia scolastica agli stipendi dei docenti, dall’innovazione digitale al reclutamento degli insegnanti – che occupano una porzione significativa della relazione firmata da Cassese e recapitata al ministro. Il Veneto con il governatore Luca Zaia e l’assessora all’Istruzione Elena Donazzan sarebbe pronto ad avviare la devoluzione scolastica, ma per la messa a regime di questa funzione autonomista pare ci vorrà tempo. Oltre alla scuola anche l’ordinamento sportivo potrebbe – il condizionale è d’obbligo – essere escluso dal regionalismo.

Autonomia, la ricetta di Sabino Cassese – Doppio Scoglio
Con la definizione dei Lep, che saranno votati dal Parlamento e non troveranno più spazio in un dpcm amministrativo della presidenza del Consiglio, si dovrà stabilire anche un fondo di perequazione per venire incontro alle regioni che dovessero subire un calo del Pil e di conseguenza del gettito fiscale per salvaguardare l’erogazione dei servizi. Si tratta di un doppio scoglio sul quale, peraltro, c’è convergenza di tanti esperti di orientamento diverso. A pochi giorni dalla ripresa dei lavori delle 10 sottocommissioni del Comitato per i livelli essenziali delle prestazioni (Clep), presieduto dal costituzionalista Cassese, ci si interroga sul dossier di 150 pagine che è stato inoltrato al ministro Calderoli. Sul punto l’ex ministro dem Francesco Boccia osserva che “è necessario che i Lep vengano votati dal Parlamento e non decisi da un comitato votato per legge da cui diversi membri autorevoli si sono dimessi”. Se nell’edizione di ieri il prof. Andrea Giovanardi, che fa parte del Clep, ha spiegato le modalità con cui si finanzierà l’autonomia, dicendosi convinto che numeri alla mano sarà un volano per far crescere il Pil e il gettito fiscale, l’ex ministro Boccia teme un tracollo del Mezzogiorno: “Sono convinto che questa riforma spaccherà l’Italia e per questo abbiamo sempre detto che servirà un fondo di perequazione”. Sul fondo perequazione, però, molti a partire dal ministro Calderoli sono dello stesso avviso e l’architettura dei Lep servirà proprio per limitare le disparità e consentire a tutte le regioni di non subire una penalizzazione delle risorse per i servizi.

Senza Lep
In base alla tabella allegata al dossier firmato da Cassese i rapporti internazionali, il commercio con l’estero, la previdenza complementare, la protezione civile e le professioni saranno materie senza il “benchmark” dei Lep.
All’opposto per la sanità esistono già i Livelli essenziali di assistenza (Lea) e la questione è dunque superata. Nel mezzo ci sono le 19 materie, che nel complesso diventano 23 per la presenza di più funzioni, che dovranno essere disciplinate dai Lep per far decollare una delle più importanti riforme della storia repubblicana, come non perde occasione per ricordare il governatore veneto Zaia. Temi come il lavoro e la ricerca scientifica per l’impresa, i giudici di pace e l’ambiente, per non parlare dell’energia, rappresentano bastioni che necessitano un confronto articolato. Senza considerare tutti gli altri capitoli che dovranno essere sviscerati con i Lep per consentire ai cittadini analoghi trattamenti sul territorio a seconda che le regioni chiedano o meno il trasferimento della responsabilità gestionale.
Entro settembre la commissione Affari Costituzionali del Senato dovrebbe licenziare la legge per il voto dell’aula. Quindi si passerà alla Csamera, dove l’iter in teoria dovrebbe essere più spedito. Così si augura il ministro Calderoli che auspica che la legge di riforma sia votata dai due rami del Parlamento entro il 2024 per consentire alle Regioni le prime intese di devoluzione con lo Stato. Il governo ha i numeri per votarla, la premier Meloni sostiene la riforma caldeggiata soprattutto da Veneto e Lombardia.


Torna alle notizie in home