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Le tre eredità del Cav: Patrimonio, tv e partito: il difficile lascito di Berlusconi

di Domenico Pecile -


Il notaio Arrigo Roveda, custode del testamento di Silvio Berlusconi, ieri mattina incrociando i cronisti è stato perentorio. ”È inutile che stiate qua – ha affermato – da me non saprete nulla. Non posso dire niente. Non saprete niente né oggi, né domani, né mai”. . Nemmeno il legale della famiglia Berlusconi, Luca Fossati, ha voluto fare commenti. Così le ore decisive per capire le volontà testamentarie del Cavaliere sono scivolate in attesa della chiusura delle borse per non influenzare le sue società quotate appunto in borsa, a partire da Mediaset. Il testamento è stato aperto nel tardo pomeriggio alla presenza di due testimoni, lo stesso avvocato Fossati e Carlo Rimini, quest’ultimo in rappresentanza dei figli Barbara, Eleonora e Luigi, mentre Fossati rappresentava Marina e Pier Silvio.

Stando alle prime indiscrezioni tutto dovrebbe essere andato come da previsioni: il controllo della Fininvest rimane nelle mani di Marina che ne è presidente e Pier Silvio che guida Mfe-Mediaset. Agli altri tre figli andranno asset secondo le regole testamentarie ma non dovrebbero avere poteri nella conduzione del gruppo cui fanno capo Mfe, Mediolanum, Mondadori. Il patrimonio complessivo è stimato in 3 miliardi e 600 milioni. Il patrimonio immobiliare è vastissimo e comprende oltre a case e ville, anche liquidità, barche, quadri e altri beni. Sono in corso, infatti, diverse perizie. Da annoverare tra quei beni anche la villa ad Antigua e quella (Blue Horizon) alle Bermuda, poco frequentate dai familiari e quindi suscettibili di variazioni. Ma la parte più cospicua dell’eredità riguarda appunto Fininvest, che controlla Mediaset, Mondadori e il 30% di Banca Mediolanum e la quota del 20% di cui Berlusconi poteva disporre per la successione. Il restante 40% dovrebbe andare in automatico ai cinque figli, l’8% ciascuno. Grande attesa per capire come è stato redistribuito il 61,21% del capitale di Finivest che era posseduto da Silvio Berlusconi attraverso quattro holding (la Prima 17,15%, la Seconda 15,75%, la Terza 7,835% e l’Ottava 20,48%).

La società potrebbe essere controllata dai cinque fratelli, con un’eventuale quota “tecnica” a fare da cerniera tra Pier Silvio-Marina e i più giovani Barbara, Eleonora, Luigi. Fin qui l’eredità di beni e denaro. Ma c’è un’eredità politica che Berlusconi ha lasciato e che rimane ancora tutta da decifrare. Anche perché, sempre ieri, il secondogenito dell’ex premier Pier Silvio nel sottolineare la grande compattezza nella gestione dei beni, ha voluto ribadire con forza che non è sua intenzione scendere in campo. Eventualità e ipotesi che era circolata nei giorni scorsi nell’agone politico, ma che lo stesso Pier Silvio aveva ripetutamente smentito. Parlando alla presentazione dei palinsesti di Mediaset aveva rimarcato che “nessuno mai sostituirà mio padre”, aggiungendo che “non ho alcuna intenzione di scendere in politica anche perché ho 54 anni e mio padre ne aveva 58 quando è sceso in politica”. La decisione di questo niet – che in molti giudicano non definitivo – l’ha spiegata in questo modo, adducendo tre motivi. “La prima questione è del tutto personale, penso che la politica sia un mestiere serio. I mestieri si studiano e si imparano. Ci vuole esperienza. Non è che dall’oggi al domani si va in politica. Non riterrei giusto dire Oh per quello che è successo andiamo: il secondo motivo – sono ancora le parole di Pier Silvio – è che, ove mai fosse, non penso sia giusto lasciare le cose a metà. Mediaset sta attraversando un momento importantissimo di sviluppo e crescita e ritengo debba rimanere qui a fare il mio mestiere”.

Infine, il terzo motivo – un endorsement per Meloni – quello che lui stesso definisce “il più importante”, è che “anche, ove mai fosse, e così non è, io dovessi sentire un qualche tipo di chiamata, non bisogna dimenticare perché si fanno le cose. Per dare un servizio agli italiani. A oggi non c’è alcuna emergenza, non vedo perché, visto che c’è un governo”. Ma c’è da rilevare anche un documento programmatico, che ha il valore di un manifesto politico. Lo sta preparando Antonio Tajani, numero due di Forza Italia, insieme ai vertici azzurri, dove viene indicata la strategia futura del partito nel segno del suo fondatore e in vista delle prossime elezioni europee. Il documento per il Consiglio nazionale del 15 luglio “sarà approvato dal Comitato di presidenza di venerdì e andrà oltre gli adempimenti programmatici perché darà un messaggio politico preciso che partirà dall’omaggio al nostro insostituibile leader, per poi sottolineare come Forza Italia continuerà il suo lavoro e il suo compito nel solco di quel patrimonio valoriale che il nostro presidente ci ha lasciato”, ha argomentato lo stesso Tajani. Il numero uno degli azzurri ha poi anticipato che il documento “sarà arricchito da contributi che arriveranno dai parlamentari, dai capigruppo, dai presidenti di Regione, dal mondo giovanile, dai seniores, dalle donne azzurre e da chi fa parte della storia e del futuro dell’Italia”.


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