Editoriale

L’EDITORIALE – Non sparate sulla pianista

di Tommaso Cerno -


Non sparate sulla pianista. Già nei guai per il caso Cospito, dopo un altro sparo inatteso, quello che Donzelli fece in Parlamento rivelando dettagli della detenzione dell’anarchico. Anche stavolta la destra fa tutto da sola. E rischia di colpire il bersaglio più pregiato che ha: il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Se un premier non può star tranquillo neanche la notte di San Silvestro ma le tocca risvegliarsi con Deborah Serracchiani che pontifica sulla destra pericolosa dopo anni di vuoto politico, significa che questa maggioranza si sente talmente forte da voler aprire la campagna per le Europee facendo sia la parte del governo che quella dell’opposizione.

Ma siccome la logica ci dice che se fosse davvero così forte, non avrebbe bisogno di deputati che girano armati, ne consegue la necessità immediata di un ritorno alla realtà. E la realtà politica di chi governa un Paese è l’autocensura di ogni comportamento che possa mettere in difficoltà la ragion di Stato per cui esistono le leggi, le scorte, le istituzioni stesse. Perché non è vero che nessuno si è fatto male, questo episodio dimostra una predisposizione del gruppo dirigente del primo partito italiano all’estemporaneità e all’esibizione del proprio privato che ha due pericoli. Il primo è collezionare gaffe più o meno gravi che finiscono per rendere Giorgia Meloni vittima. Parte che la premier non intende proprio recitare. Secondo: produrre l’immagine sovradimensionata della destra, rendendola diversa da quella che un’ampia fetta del Paese scelse di mandare a Palazzo Chigi dopo il governo Draghi.

E consegnando alla sinistra davvero stavolta un’arma carica, capace di scaricare su quel pianista un colpo che può ferirla gravemente. Insomma se c’è una cosa che non è patriottico fare è anteporre alla bandiera italiana la propria italianità di tutti i giorni sottoponendo al giudizio politico quei fatti che le cronache stigmatizzano come devianze sociali del Paese. Perché se c’è un bisogno che oggi la destra non ha è quello di involvere nel situazionismo, al di là della gravità giuridica, mentre ha il compito di una mutazione verso il modello Tories, allontanandosi da una dimensione antagonista e sovranista per poter rappresentare i conservatori italiani, che sono quelli che a Capodanno si presentano alle festa armati di panettone e cotechino. Ed ecco che gli spari sul pianista cominciano a infastidire il premier.

Perché lo spartito si fa molto complicato in questi mesi che la separano dalle elezioni europee dove lei si gioca molto più che una nuova maggioranza a Strasburgo e a Bruxelles, ma la leadership stessa della coalizione da cui dipende la durata vera del governo. E invece gli spari sopra sono per lei. Perché il livello di scontro con la sinistra si fa caldo, perché le inchieste che hanno coinvolto Verdini e suo figlio rimettono in carreggiata il filone giustizialista che sembrava sedato dopo il ritardo della riforma sulla giustizia invocata dal ministro Nordio ma che non trova ancora l’accordo in maggioranza.

Per non parlare del necessario equilibrio con il Colle che con il solito garbo istituzionale che caratterizza l’inquilino del Quirinale ha cominciato a porre più problemi di quanti ne avrebbe posti in passato sui provvedimenti del governo, a partire dai rilievi sul ddl concorrenza, figli certamente del dovere istituzionale di ricordare al Parlamento la necessità di adeguarsi alle direttive europee, ma resi più pericolosi politicamente dal fastidio che sul colle più alto si vive negli ultimi mesi dopo l’apertura del dibattito sul premierato. E intanto Elly Schlein ringrazia.


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