Editoriale

Lo psicodramma Schlein-Pd

di Adolfo Spezzaferro -


Lo psicodramma dem è meglio (questione di gusti) di una soap opera – anzi, di una serie tv, ché siamo moderni. Alla fine di ogni puntata quel “continua…” lascia gli italiani appassionati del filone “fine della sinistra come la conoscevamo” con il fiato sospeso. Protagonista assoluta, Elly Schlein, segretario del Partito democratico nonostante il Pd – è il caso di aggiungere. Nell’arco di due puntate indimenticabili, la docuserie sui dolori della giovane leader del Nazareno, ci offre uno spettacolo dal ritmo sostenuto e pieno di colpi di scena. Infatti alla fine è arrivato il dietrofront della Schlein. Nelle ore concitate per la consegna della lista dei candidati delle europee, la segretaria del Pd è stata costretta a fare retromarcia: non ci sarà il suo nome nel simbolo. Niente Veltroni bis, dunque – che poi va detto a Veltroni il nome sul simbolo non portò poi chissà quanti voti in più e di sicuro non gli assicurò la vittoria. “Si è parlato in direzione, è stato proposto di inserire il mio nome in logo elettorale. Ringrazio chi ha fatto quella proposta, ma il contributo migliore a questa squadra lo posso dare correndo assieme alla lista. Questa proposta mi è sembrata più divisiva che rafforzativa”. Queste le parole della leader dem in una diretta Instagram. Un passo indietro legato senza dubbio alcuno alla contrarietà di (almeno) mezzo partito – segreteria e big compresi – per il tentativo di personalizzare il partito. Quindi niente contrapposizione a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ha il suo nome sul simbolo. In ogni caso, Schlein conferma la sua candidatura, anche se resterà in Italia, per fare opposizione alla premier Meloni. Un chiarimento necessario dopo che Romano Prodi, padre fondatore del centrosinistra, aveva detto peste e corna del fatto che si candida e viene eletto all’Europarlamento poi resta in Italia. Prodi peraltro aveva detto peste e corna pure dell’idea del nome “Schlein” nel simbolo del Pd – segno inequivocabile che ora la leader dem ha contro una fronda guidata proprio dall’ex leader dell’Ulivo. Nessuna sorpresa invece nella lista dei candidati dem alle Europee. La Schlein ha dovuto accontentare le varie correnti (che al contrario delle mitiche correnti Dc sono la rovina, la debolezza del Pd) e ha ribadito in qualche modo le sue priorità: migranti, ambiente e Lgbt (non senza ribadire il consueto antifascismo, visto che la liturgia del 25 aprile è alle porte). Trovano spazio le Sardine con Jasmine Cristallo, ma anche la componente cattolica con Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire. La Schlein nel suo piccolo è capolista in due circoscrizioni (Centro e Isole): “Mi devo prendere la responsabilità a dare una mano a tutta la lista, ci sarò anch’io anche se rimarrò qui in Italia per confrontarmi con Giorgia Meloni giorno dopo giorno”. Insomma, scende in campo per le preferenze e per provare a evitare il sorpasso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte (che nel simbolo mette la parola “pace). Il thrilling della saga dem è nella soglia della salvezza – il 20%. Ecco perché per la Schlein le Europee sono la battaglia per la vita. “Se ci aiutate, rafforzerete anche l’alternativa al governo più di destra della storia repubblicana”, è l’appello della leader Pd. Non è mancato un riferimento alla Rai e al “martire” Scurati, con la televisione di Stato definita il megafono del governo Meloni: “Abbiamo visto più volte questa destra attaccare i diritti delle persone, intaccare welfare e sanità pubblica. Piena solidarietà ai giornalisti e agli intellettuali che hanno subito censure”. Chissà se Scurati sarà candidato. Da Avs, ovviamente – finale di stagione telefonato.


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