Editoriale

Il Primo maggio non sia come questo 25 aprile

di Adolfo Spezzaferro -


“Senza memoria, non c’è futuro”, è il monito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Festa della Liberazione. “Il 25 aprile è per l’Italia una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche”. Dello stesso tenore e livello istituzionale la dichiarazione della premier Giorgia Meloni: “Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio. Continueremo a lavorare per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà. Viva la libertà!”. E sempre Mattarella ha poi citato Aldo Moro: “Intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”. Parole che dovrebbero mettere a tacere una volta per tutte le polemiche sul 25 aprile. La Festa della Liberazione è di tutti gli italiani non della sinistra contro la destra o dei filopalestinesi contro gli israeliani e men che mai degli antifascisti contro i fascisti. Sono passati 80 anni: senza memoria non c’è futuro, è vero. Ma la memoria serve per ricordare il passato: gli antifascisti in assenza di fascismo sono fermi a 80 anni fa, per loro quel passato è l’attuale presente. Liberiamoci dunque da questo tipo di Festa della Liberazione, che deve invece essere festa della libertà e della democrazia, dell’unità e non della divisione. Ma guardiamo al futuro (più che prossimo, imminente). Le parole del capo dello Stato e della premier per noi devono essere un monito in vista del Primo maggio, la Festa dei lavoratori. Proprio perché abbiamo la memoria freschissima della strumentalizzazione politica anche del Primo maggio. E non stiamo parlando dei deliri da concertone, con le sparate “politiche” dei cantanti o le quattro-cinque versioni di Bella ciao. Tutti ormai sanno che al concertone del Primo maggio si canta tutti in coro Bella ciao, che non è più un canto delle mondine (dei lavoratori, dunque) ma associato ai partigiani. Il punto è un altro: l’articolo 1 della Costituzione recita che l’Italia è fondata sul lavoro. Quindi il lavoro è di tutti. Quindi la Festa dei lavoratori è di tutti, non solo della sinistra contro la destra, dell’opposizione contro il governo, men che mai dei sindacati contro i padroni (che poi ultimamente…). Impariamo dunque da questo 25 aprile appena passato per festeggiare il Primo maggio con lo spirito giusto. Magari auspicando che sempre più lavoratori possano festeggiare, visto che la disoccupazione è a livelli ancora altissimi. Magari senza cavalcare la ricorrenza per dire quanto è brutto e cattivo il governo Meloni e quanto invece la sinistra è quella dei valori fondanti, quella del 25 aprile e del Primo maggio appunto. Perché tutta l’Italia è fondata su questi valori e quindi tutti gli italiani. Buona Festa dei lavoratori, dunque. Con l’auspicio che per un giorno incrocino le braccia (anzi le bocche) anche tutti quegli speculatori in malafede che sfruttano il Primo maggio per dividere invece che per unire.


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